Più che un’antifona, un programma

Più che un’antifona, un programma

A proposito della recente conferenza del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo

Qualche giorno fa, il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Federico Cafiero De Raho, è intervenuto davanti alla Commissione Antimafia. De Raho è lo stesso che durante la conferenza stampa seguìta agli arresti dell’operazione “Renata” contro sette anarchici trentini, nel febbraio 2019, sosteneva che le azioni contro i “ponti radiotelevisivi” sono forme di terrorismo perché attentano alle strutture fondamentali della democrazia. Il suo recente discorso ci sembra segnali in modo eloquente le tendenze repressive in atto. Il primo punto è l’insistenza con cui il magistrato chiede l’apertura di nuove sezioni di 41bis, a partire dalle carceri costruite negli ultimi anni in Sardegna. Il secondo è il parallelo tra mafia e anarchici insurrezionalisti, accomunati, secondo il dottore, dal progetto di soffiare sul fuoco della povertà per i propri fini. Non viene ripetuta la farsa – che ha accompagnato il racconto giornalistico di marzo – sulla comune direzione esterna delle rivolte scoppiate nelle carceri. Quello lo si fa dire ai giornalisti per costruire il contesto adatto, ma non è argomento da conferenze ufficiali, dal momento che tutti – persino i garanti dei detenuti – sanno che le condizioni carcerarie sono più che sufficienti a “sobillare” i prigionieri; che la mafia ha sempre ostacolato le proteste carcerarie per il semplice motivo che gli affari hanno bisogno – dentro come fuori delle prigioni – di pace sociale; che per gli anarchici la mafia è un nemico al pari dello Stato. Eppure esiste una circolarità tra manipolazione mediatica della realtà, slittamenti semantici nel linguaggio dello Stato e ristrutturazione materiale delle catene di comando. Si procede per acquisizioni, per tentativi, per forzature, il cui andamento non è separabile dalle fasi più generali che attraversano lo Stato e il capitalismo. Non è certo la potenza del conflitto sociale a spaventare, quanto la fragilità del consenso, visto il degrado generale delle condizioni di vita e di lavoro. Quindi si deve picchiare duro. La strage compiuta nelle carceri a marzo – che ricorda da vicino i tempi del generale Dalla Chiesa – è stata pianificata come un monito contro chiunque voglia lottare. Il fatto che da tempo la Direzione nazionale sia insieme “antimafia” e “antiterrorismo” non è solo un problema di centralizzazione amministrativa delle competenze, ma un amalgama simbolico che produce effetti reali. Il ritornello 41bis-mafia-anarchici dice questo: è ora di cominciare a spedire in 41 bis chi viene accusato di associazione sovversiva con finalità di terrorismo. Aver spostato, per un certo periodo, compagne e compagni nelle sezioni riservate agli accusati di “terrorismo islamico” non aveva nulla a che vedere con questioni di logistica carceraria, così come il trasferimento delle compagne nell’AS2 de L’Aquila – il carcere-simbolo del 41 bis, dove non a caso è stato di recente schierato l’esercito – aveva tutta l’aria di un test. La centralità nelle ultime operazioni anti-anarchiche dell’accusa di “istigazione” con “finalità di terrorismo” è un’altra antifona.

Secondo De Raho, i “gruppi di estrazione anarchica e antagonista” «approfittano delle difficoltà sociali e istituzionali dello Stato per stimolare i focolai di rivolta. Nel mondo anarchico c’è del resto un processo insurrezionale che sostiene che alla base della diffusione del coronavirus vi sia il mondo capitalistico, per cui è necessario sostenere e sobillare le manifestazioni di piazza». A parte il fatto che un “processo insurrezionale” (anche quella curiosa sottospecie che, in barba alla logica e alla storia, si svolgerebbe unicamente nel “mondo anarchico”) non è un soggetto e quindi non può “sostenere” alcunché, qui si dice in modo neanche tanto velato che collegare il coronavirus al mondo capitalistico è già, se non una condotta con finalità di terrorismo, una sua premessa. Siccome nel “mondo capitalistico” le opinioni contano come il due di picche, mentre le catene di comando non sono affatto opinioni, il fatto che il presidente della più grande potenza militare del mondo colleghi le sommosse in corso negli USA all’attività di “sobillazione” da parte di “antifa e anarchici” è più che un’antifona: è un programma.

Al link l’articolo completo sulla conferenza di De Raho:

https://www.poliziapenitenziaria.it/carceri-de-raho-da-tempo-evidenzio-necessita-di-nuove-strutture-anche-per-41bis/