A proposito di un “inesistente dibattito” (su «vaccinazione antifascista», «libertà di contagio» e altro)
A proposito di un “inesistente dibattito” (su «vaccinazione antifascista», «libertà di contagio» e altro)
Tra genocidio in Palestina, venti di guerra sempre più sferzanti, e la repressione che ci lavora ai fianchi, tornare su alcune questioni legate al Covid e alla sua gestione non era per noi una priorità. Anche perché su questo sito abbiamo già pubblicato al riguardo qualche centinaio di pagine. Sollecitati, rispondiamo al testo che ci aveva mandato il compagno Antonio (https://ilrovescio.info/2023/11/25/a-proposito-del-vostro-cappello-al-testo-novita-da-hambi/), scusandoci del ritardo.
La discriminazione «in base all’abilità, ad un handicap, ad una “diversità” fisica o psichica» esiste da ben prima che si diffondesse il concetto di «abilismo». Se ci pare dubbio che la parola abbia contribuito a contrastare realmente la cosa, non si può nascondere che in diversi ambiti «antagonisti» chi ha rifiutato obbligo «vaccinale» e passaporto sanitario sia stato accusato proprio di praticare «abilismo». Quanto c’entrasse davvero la premura verso i fragili è dimostrato dal fatto che in detti ambiti si sono riprodotte le misure statali senza alcun esame critico (considerare le persone «vaccinate» al riparo dal rischio di contagiare e di essere contagiate era davvero un comportamento «responsabile»?). Che fosse complicato conciliare libertà di lottare e autogestione collettiva della salute è certo, così come è certo che non sono mancati i comportamenti superficiali. Ma se lo slogan «vaccinazione antifascista» è stato realmente pronunciato e scritto, non ci risulta che sia esistito nei nostri ambiti un posizionamento pubblico sintetizzabile nello slogan «libertà di contagio». Ad ogni modo, non è la nostra posizione. Ma anche nella consapevolezza della più che probabile origine laboratoriale del Sars-CoV-2, come mettersi costantemente al riparo dal rischio di infezione (cosa che non si fa certo con qualche consunta mascherina indossata e tolta senza alcun serio criterio…) e difendere al contempo la possibilità di incontrarsi e di lottare, nonché praticare quella socialità felice che è essa stessa – per chi non ha una visione meccanicista dei corpi – un irrinunciabile «presidio di salute»?
Non possiamo far nostro il consiglio, rivolto a suo tempo ai sospesi dal lavoro, di contagiarsi per scaricare in tal modo il green pass – innanzitutto perché per noi la battaglia consisteva proprio nel non scaricare e nel non esibire il pass, ci fossimo pure «vaccinati» o ce lo avessero dato in cambio di tre flessioni o di un giro di corsa attorno alla farmacia…
Che tali consigli siano girati è indubbio. Di tale «scelta del male minore» consideriamo responsabile innanzitutto lo Stato, visto che è il suo potere coercitivo ad aver imposto a milioni di persone il ricatto su quale proteina Spike (virale o «vaccinale») inocularsi. Più che criticare cosa fanno le persone messe all’angolo, preferiamo denunciare chi in quell’angolo le ha messe. Tra l’altro, se persino alcune riviste scientifiche cosiddette autorevoli stanno ipotizzando che alla «vaccinazione» anti-Covid sia attribuibile una «mortalità in eccesso» maggiore di quella provocata dal Sars-CoV-2 stesso, l’idea che la Spike «vaccinale» potesse essere più pericolosa di quella virale non era proprio una diceria dell’untore…
Quanto a noi, abbiamo cercato di farci un’idea il più possibile autonoma e approfondita nelle varie fasi dell’Emergenza. Dottori in nulla, di due cose siamo sempre stati certi: che allo Stato tutto interessa tranne la salvaguardia della salute collettiva; che delle rassicurazioni su nuovi ritrovati sperimentali della Scienza la nostra classe (se non la specie tout–court) fa bene a diffidare. Su come non negare i problemi assieme alle finte (e lucrose) soluzioni tecno-statali, il dibattito è aperto. E anche all’interno della nostra redazione le posizioni non sono affatto omogenee. Ma per non semplificarlo e polarizzarlo a nostra volta, ci vuole spazio, tempo e viva voce.