Oscurantismo

 

La nozione di «monopoli radicali», introdotta nel lontano 1976 da Ivan Illich ne La nemesi medica, risulta quanto mai feconda e utile per capire il nostro presente. Riassumiamola brevemente: «I monopoli comuni si accaparrano il mercato; i monopoli radicali rendono la gente incapace di far da sé», poiché «obbligano un’intera società a sostituire i valori d’uso con le merci». Alcuni esempi: «L’istruzione intensiva fa dell’autodidatta un candidato alla disoccupazione, l’agricoltura intensiva elimina il contadino autosufficiente, lo spiegamento di polizia sgretola la capacità d’autocontrollo della comunità. La propagazione maligna della medicina ha risultati analoghi: trasforma l’assistenza reciproca e l’automedicazione in atti illeciti e criminali». Facendo convergere in un vasto apparato ogni «settore istituzionale che ha allontanato la società dal fine specifico per cui quel settore era stato creato», «il monopolio radicale si nutre di se stesso».

Le tecnologie convergenti non solo hanno fornito ai monopoli mercantili una radicalità senza precedenti – l’esempio più paradigmatico sono senz’altro i lavori in corso per sottrarre al corpo femminile il “monopolio” biologico della procreazione –, ma tale radicalità sta trasformando la natura stessa dello «spettacolo» (nel senso debordiano di «rapporto sociale mediato dalle immagini»). Lo «spettacolare integrato» – come noto, prodotto della fusione tra lo spettacolo «concentrato» del capitalismo di Stato e lo spettacolo «diffuso» del capitalismo detto liberale – ha subìto negli ultimi decenni un’ulteriore metamorfosi. Potremmo parlare oggi di spettacolo sintetico, dove la «sintesi» non rinvia alla dialettica hegeliana, bensì alla biologia hi-tech. L’intreccio tra la sfera informatica (di cui l’Intelligenza Artificiale è il motore macchinico) e la sfera biologica (dalle bio- alle nano-tecnologie, passando per gli innesti e i prodotti della biologia di sintesi) permette non soltanto l’estrema manipolabilità della materia vivente, ma anche una falsificabilità senza limiti dell’esperienza sociale. Certo, quanto a fabbricazione spettacolare della percezione di massa, nel corso del Novecento gli apparati tecno-mediatico-militari non si sono fatti mancare nulla. Ma il segreto dello spettacolo consisteva – e ancora consiste – nel separare la cosiddetta opinione pubblica da quella parte di umanità o di esperienza umana che può smentirne le rappresentazioni. Le menzogne sui lager o sui gulag si reggevano sul silenzio sociale degli internati; le menzogne sulla democrazia statunitense sono state in parte smascherate dalle immagini del massacro di My Lai; si possono oggi attribuire ai soldati russi i bombardamenti in Donbass perché nessuno ascolterà mai al telegiornale un abitante del Donetsk raccontare che i missili che gli hanno distrutto la casa sono della NATO; eccetera. Ma questa fabbrica di immagini impallidisce di fronte a quello che è accaduto con il Covid-19. Lasciamo da parte qui i risultati che Stati e tecnocrati hanno conseguito attraverso l’Emergenza, e riflettiamo sul «dato di realtà» che l’Emergenza ha sfruttato: il virus Sars-CoV-2. L’esistenza di lager e gulag, l’uso del napalm in Vietnam o i bombardamenti in Donbass sono dei «dati di realtà» comunemente ammessi – il lavoro spettacolare agiva e agisce sul loro significato sociale. Nessuno ha mai sostenuto che i vietnamiti bruciassero a causa di meteoriti o che a provocare le distruzioni in Donbass (e in Ucraina) siano dei terremoti. Allo stesso modo, si dirà, infezioni e morti sono ben stati provocati dal Sars-CoV-2 (in che misura e per quali fattori concomitanti, si può poi discutere). Ma l’inaudito attiene proprio all’origine del virus in quanto tale. Benché le cosiddette catastrofi naturali abbiano assai spesso cause storico-sociali ben precise, nessuno metterebbe sullo stesso piano l’alluvione nelle Marche e i bombardamenti in Ucraina, cioè un evento accidentale e un prodotto intenzionale dell’attività umana. È quindi la possibile origine laboratoriale e non zoonotica del Sars-CoV-2 a rendere senza precedenti questa epidemia e l’epoca in cui si è prodotta. Se fossimo dei giuristi, diremmo che gli indizi in tal senso sono gravi, precisi e concordanti. Anche a voler ignorare gli studi cinesi in cui sono stati illustrati, negli anni precedenti al 2020, i risultati degli esperimenti di gain of function condotti a Wuhan; anche a trascurare gli esperimenti simili o complementari realizzati negli Stati Uniti, in Francia o in Olanda; anche ignorando il fatto che tra i primi «esperti internazionali» a giungere in Italia dopo i casi di Codogno sono stati i funzionari della DARPA (l’Agenzia del Pentagono sulle ricerche avanzate); anche sorvolando sul fatto che le tecniche di ingegnerizzazione genetica e i modelli di bio-informatica impiegati nei laboratori P4 sono gli stessi utilizzati per produrre i «vaccini» a m-RNA; basterebbero le ricerche effettuate pubblicamente sul Sars-CoV-2 dopo la diffusione mondiale del virus. Sì, si possono ingegnerizzare e ricombinare in laboratorio diversi ceppi virali, dando vita a chimere indistinguibili da quelle selezionate naturalmente; sì, da tempo si studia l’effetto patogeno dei virus «aumentati» attraverso gli esperimenti sui topi «umanizzati» (cioè sottoposti all’innesto di geni umani). Non c’è bisogno allora di verificare in modo certosino questa o quella prova, da legulei della controinformazione. Fermiamoci prima: il fatto di non poter dire con certezza se il Covid-19 sia un fenomeno paragonabile all’alluvione dell’Arno oppure all’incidente di Fukushima, che significa? Significa che i monopoli radicali stanno confiscando le facoltà di base della specie e del suo ambiente; che più si rende fabbricabile e quindi manipolabile la materia vivente, più si allarga la falsificabilità dell’esperienza sociale. Nessun oscurantismo – nel senso letterale di ciò che mantiene al buio le condotte e la ragione degli umani – ha mai raggiunto tali vette nella storia.

Per questo i transumanisti, cioè i monopolisti radicali dell’alienazione tecno-mercantile della società, avanzano «impazienti, lugubri e festanti».