Al pettine. Uno sfogo (contro il lasciapassare sanitario e l’obbligo vaccinale)
Al pettine. Uno sfogo (contro il lasciapassare sanitario e l’obbligo vaccinale)
“Oggi attaccare il vaccino è attaccare lo Stato”
(Matteo Bassetti – infettivologo – a In onda su La7)
Ci scusiamo in anticipo se alcuni passaggi del testo che segue conterranno esagerazioni o inesattezze, ma scriviamo con addosso una tale rabbia, amarezza e sconforto che fatichiamo ad essere equilibrati. Precisiamo che nei passaggi in cui si parla dell’assenza di opposizione, si tratta anche e prima di tutto di un’autocritica, e che non c’è nessuna volontà di giudicare chi – senza sbandierarlo – fa la scelta di vaccinarsi, perché non si trova nelle condizioni di potersi permettere di resistere ai ricatti o magari per una legittima paura del virus.
Il lasciapassare sanitario è infine arrivato. Da venerdì prossimo non si potrà più entrare al bar, al ristorante, a teatro, al cinema e in tutta una serie di altri luoghi ed eventi senza dimostrare, smartphone alla mano, di essere cittadini responsabili, cioè obbedienti. Per le settimane successive è già prevista l’estensione ai mezzi di trasporto pubblico, mentre sempre più categorie sono minacciate di rimanere senza lavoro se non si adeguano. Se non è dittatura sanitaria questa, ci spiegassero cosa lo è.
Siamo di fronte alle più fosche prospettive di controllo, ricatto e limitazione della libertà che quello che un tempo si sarebbe chiamato “movimento” ha sempre intravisto, avvertendo che prima o poi avrebbero riguardato tutti, nei vari salti di qualità repressivi e nelle politiche sulla “sicurezza”, nella gestione dell’immigrazione ecc. Ora che queste prospettive si materializzano, il “movimento” si è volatilizzato. Salvo alcune eccezioni, si occupa d’altro, tra la totale assenza di critica della scienza e della tecnologia e la preoccupazione di non “passare per no vax“, perdendo così non si capisce bene quale “rispettabilità”.
Come è stato detto la scorsa settimana a Trento nel corso di una delle poche iniziative che danno un po’ di speranza, “se un paio di anni fa ci avessero detto che avremmo avuto un generale della Nato a occuparsi di salute, che ci avrebbero imposto confinamenti, coprifuoco e infine il lasciapassare, non solo non ci avremmo creduto, ma avremmo dato per scontato che simili misure avrebbero provocato una dura e persino violenta resistenza. E invece eccoci qui, con un piede nel ‘mondo di dopo’. Quello che sta accadendo è di una gravità inaudita, e pensiamo che oggi il silenzio – che si sia o meno vaccinati – diventa complicità. Speriamo che l’iniziativa di oggi sia solo l’inizio di un’ampia mobilitazione, come sta accadendo in Francia. E speriamo anche che in tante e tanti si sveglino dall’illusione secondo la quale ‘non lo possono fare perché c’è la Costituzione’. Lo possono fare. Lo stanno facendo. Esiste un solo limite: la resistenza della gente”.
Centinaia – solo in Alto Adige – di operatori sanitari renitenti sono già stati sospesi senza stipendio, mentre si prospetta l’obbligo anche per tutto il personale scolastico (e dalla Cgil si assicura che “nessuno ha posto opposizioni di principio all’obbligo vaccinale tra i docenti”), e addirittura per gli studenti (!), per i quali comunque si immagina, in presenza di positivi, di lasciare a casa in didattica a distanza i non vaccinati, mentre gli altri potrebbero continuare a frequentare le lezioni in presenza (!). Nel frattempo, l’Università Statale di Milano ha escluso dal diritto all’alloggio gli studenti non vaccinati (!). C’è persino chi si spinge a immaginare, in caso di nuova “ondata”, un lockdown per i soli non vaccinati (!).
Ma non basta: come volevasi dimostrare la prospettiva dell’obbligo (e l’eventuale obbligo del green pass è del tutto equivalente a un obbligo vaccinale, a meno che non si voglia considerare accettabile doversi sottoporre a tampone – a pagamento! – tre volte a settimana per mesi per poter andare a lavoro) si sta allargando ad altri settori anche del privato (ristorazione, spettacolo ecc.), e Confindustria – la stessa organizzazione criminale che nei primi mesi della pandemia ha scientemente provocato una strage per non dover chiudere per qualche giorno le attività produttive mentre era vietato uscire di casa per fare una passeggiata – lo ha già proposto per tutti i lavoratori (!), cosa che configurerebbe un vero e proprio obbligo vaccinale per tutti. Dai sindacati solo ambiguità, mentre la sinistra – sbirri nel DNA – è in prima fila con la bava alla bocca a chiedere obblighi. E dal “movimento” nessuna solidarietà per migliaia di lavoratori che resistono a un ricatto affrontando la sospensione senza stipendio per almeno sei mesi – nella migliore delle ipotesi -, con motivazioni magari più o meno condivisibili ma comunque per una questione di principio, o al massimo di timore per la propria salute.
Tutto questo nonostante sia dimostrato e ammesso da tutti che anche i vaccinati con due dosi si infettano e contagiano (e possono finire in ospedale, come sta accadendo in Inghilterra e in Israele, dove si è già deciso per una campagna di terze dosi agli over 60).
Da notare che il meccanismo con cui si arriva prima all’obbligo di fatto e poi a quello vero e proprio viene spiegato e rivendicato apertamente: è preferibile convincere, ma se più di qualcuno dovesse non farsi convincere allora li obbligheremo. Nessun democratico pare trovare nulla da eccepire, e in fondo a ragione, visto che si tratta di un meccanismo connaturato alla messa in scena democratica: finché è conveniente si salvano le apparenze di libertà e diritti, ma alla minima minaccia, reale o presunta, per la tenuta del sistema si getta la maschera senza troppi patemi.
Considerazioni che dovrebbero essere il minimo sindacale per qualunque sincero democratico come quelle di Massimo Cacciari e Giorgio Agamben (in sintesi: il vaccino è sperimentale e anche chi è vaccinato può contagiare e ammalarsi, quindi discriminare i non vaccinati è insensato e grave ed è indice della trasformazione del vaccino “in una sorta di simbolo politico-religioso”) si trovano immediatamente sotto un fuoco di fila di critiche da sinistra, per la quale la libertà individuale è un concetto alternativamente anarco-capitalista o fascista (!).
Il microbiologo Crisanti (lo stesso che pronostica apertamente l’arrivo di varianti del tutto resistenti ai vaccini!), ospite della fogna di sinistra di Concita De Gregorio e David Parenzo su La7, arriva a proporre di far pagare le cure a chi dovesse ammalarsi dopo aver rifiutato il vaccino (!); nella stessa trasmissione il filosofo Umberto Galimberti invoca il TSO per i no vax (non nel senso di imporre loro la vaccinazione, ma proprio di ricoverarli in psichiatria!); il giornale radio Rai sfotte letteralmente una persona morta – a quanto viene riportato – di covid dopo aver espresso posizioni contrarie alla vaccinazione. E questi sono solo pochi esempi casuali, che a chi scrive è capitato di ascoltare in diretta. Sono uscite allucinanti, che su qualsiasi altro tema avrebbero scatenato l’indignazione generale, invece raccolgono solo applausi e sorrisi di compiacimento, soprattutto a sinistra.
Chi ha la sfortuna di dover ascoltare o leggere commenti di amici e conoscenti di sinistra non fa che imbattersi, oltre che nelle orgogliose rivendicazioni con tanto di selfie di aver adempiuto al proprio dovere civile, in un vomitevole tiro al bersaglio – dall’alto di un’autoconferita superiorità intellettuale e morale – contro chi rifiuta il vaccino o si oppone al green pass, in una gamma di tonalità che va dallo sfottò per i poveri ignoranti complottisti e ovviamente fasci (un inciso: al di là dell’indignazione per le stelle gialle alle manifestazioni contro il green pass, a noi sembra che, con buona pace di Giorgio Cremaschi di Potere al Popolo per il quale chi si oppone al green pass è fascista, l’imposizione di misure come questa e soprattutto il clima che l’accompagna ricordino il fascismo storico molto più dei sovranisti di fronte ai quali la sinistra è solita gridare al fascismo) allo sfogo rancoroso contro chi mi infetta (ma allora cosa ti sei vaccinato a fare?) ma soprattutto ci impedisce di tornare a…
A vivere ammassati in città malsane, ai viaggi in aereo, al turismo di massa, ai grandi eventi come le olimpiadi, a produrre e consumare inutilità, alle nocività, alla distruzione della natura. Questo ci sembra il punto: cosa tiene insieme la furia vaccinista degli industriali con quella della sinistra? L’ansia di tornare alla normalità, la normalità dello sfruttamento per gli uni, quella dell’illusione di combattere lo sfruttamento per gli altri. Non a caso tutti ripetono ossessivamente che il vaccino è l’unica arma che abbiamo per tornare alla normalità. Ed è vero: se dovesse avere successo (cosa tutt’altro che scontata) la campagna vaccinale sarà stata l’opportunità per non dover mettere in discussione, come abbiamo già scritto, la società che ha prodotto e favorito la pandemia e reso impossibile gestirla in modo ragionevole. Come recita un volantino distribuito durante una manifestazione contro il lasciapassare a Parigi, “per avere una possibilità di ritrovare un cammino praticabile, occorre ricordare, al di qua o al di là di tutte le controversie, che il Covid è anzitutto una malattia industriale: per il suo emergere (che questo virus venga dall’artificializzazione di spazi selvatici, da un laboratorio di apprendisti stregoni mal rinchiusi o dalle capsule di Petri senza coperchio che sono gli allevamenti non a terra, è proprio lo sviluppo industriale ad esserne la causa); per il suo propagarsi (lo sviluppo inaudito e delirante del commercio mondiale è beninteso la sola causa di una contaminazione planetaria a una velocità del tutto inedita); per il tipo di persone che muoiono (la gran maggioranza delle persone morte di Covid erano colpite da malattie croniche la cui responsabilità è dovuta essenzialmente all’ambiente industriale in cui ci si condanna ad abitare). Meno che mai è tempo di abbandonarsi alle promesse dell’industria”.
Promesse, come per tutte le soluzioni tecno-industriali ai disastri provocati dallo stesso sistema tecno-industriale, di futuri disastri sempre meno gestibili e reversibili. Promessa, soprattutto, di legarci mani e piedi al sistema tecno-industriale e di conseguenza alla struttura sociale, capitalistica e/o statale, sulla quale si regge (o pensiamo che la prossima pandemia la affronteremo con vaccini autoprodotti?). Già si parla di varianti del tutto resistenti ai vaccini: quale sarà la soluzione a quel punto? Un ulteriore vaccino sperimentale, sempre con effetti a lungo termine sconosciuti? Se invece la campagna vaccinale dovesse per un colpo di “fortuna” avere successo, ci troveremmo di fronte a un disastro ancora peggiore, ovvero alla definitiva – almeno fino alla prossima pandemia – ripresa di tutte quelle attività – la normalità – che stanno rendendo il pianeta inabitabile. Come ci è capitato di leggere in un commento particolarmente lucido, “mi rifiuto di vaccinarmi per permettere a lorsignori di riprendere una produzione che ammazza la Terra”. L’obiettivo di chiunque abbia un minimo interesse per la salvezza del pianeta sarebbe dovuto essere non veder riprendere la gran parte delle attività interrotte dal covid mai più. Per non parlare di quel che ci aspetta con i piani di ripresa: nuove colate di cemento e la definitiva digitalizzazione di tutto l’esistente – con gli ulteriori disastri per la salute e l’ambiente promessi dal 5G e dai miliardi di dispositivi connessi dell’internet delle cose -, compresa la telemedicina, cioè la riduzione della cura al controllo da remoto dei nostri corpi-macchina mediante sensori e terapie digitali (non si tratta di paranoie di complottisti, ma di tecnologie già sviluppate, sperimentate e presentate in pompa magna).
Fa impressione la totale assenza anche solo di considerazioni e domande come quelle contenute ad esempio in questo articolo, che sicuramente esprime un punto di vista meno radicale del nostro ma mantiene un minimo di lucidità e di critica perlomeno sugli aspetti più allucinanti della campagna militar-vaccinale: “Una pandemia globale ha dei tempi che sono al di sopra della hubris umana e della umana volontà di dominio su tutto il mondo che ci circonda”; “Il green pass è uno strumento di controllo sociale, ieri il Ministro Speranza ha dichiarato che ‘Il green pass è la più grande opera di digitalizzazione mai fatta’: dunque il punto è la digitalizzazione e il controllo a tappeto di tutte le azioni quotidiane, non la salute pubblica”; “Perché pensiamo che la soluzione alla pandemia sia un vaccino e un nuovo passaporto digitale, invece che risorse a strutture, cultura della salute, del cibo, importanza dello sport e un attenuazione degli stress e della paura che sono invece fortissimi inibitori del sistema immunitario?”; “Quale è l’intervento di salute pubblica che giustifica l’ipotesi di obbligo vaccinale per i giovani?”; “Come possiamo illuderci che un vaccino risolva la pandemia (o tanto più un documento di controllo digitale), se non affrontiamo in nessun modo le cause strutturali che l’hanno provocata?”; “C’è una bella differenza tra egoismo neoliberale che vuole solo fare crescere il PIL o tornare a una brutta copia di quel che era prima, e un singolo corpo che cammina e respira”.
Lo diciamo fuori dai denti: per quanto ci riguarda chi non sente l’urgenza di mobilitarsi contro l’obbligo vaccinale e il lasciapassare sanitario – per tacere di chi parla di vaccini bene comune – oltre a non aver capito nulla della direzione in cui sta andando la società e di quali siano le poste in gioco, è semplicemente un nemico della libertà. Niente di nuovo in fondo, ma troviamo che la pandemia – fin dall’inizio e più che mai ora – stia rappresentando un momento di verità particolarmente impietoso. Non capiamo con quale credibilità (e non parliamo di credibilità nei confronti di una non meglio precisata “gente” di cui non ci può fregar di meno, ma di se stessi, dei propri compagni, di chi certe cose le vive sulla propria pelle e di chi può capitare di incrociare nelle lotte) chi non si oppone al lasciapassare sanitario e all’obbligo vaccinale possa ancora “lottare” tanto per fare degli esempi contro il sistema delle frontiere, la psichiatria o le devastazioni ambientali – o per l’aborto libero.
Possiamo solo confidare nel fatto che, come è stato scritto, “un futuro di ‘richiami’ periodici e costanti alla vaccinazione per non rischiare di fare a meno di questo o quello non appare così strampalato e le possibilità di rompere il cerchio e di tirarsene fuori si presenteranno ancora”.