Milano: Presidio il 13 e corteo il 20 giugno

Riceviamo e diffondiamo:

SABATO 13 GIUGNO
Dalle 17:00
PRESIDIO SOLIDALE con le arrestate e gli arrestati dell’operazione “Ritrovo” di Bologna.
BANCHETTO INFORMATIVO: riflessioni e spunti sulla situazione attuale, l’operazione “Ritrovo” E SUL CORTEO IN PROGRAMMAZIONE PER IL 20 GIUGNO A MILANO.
RINFRESCO BENEFIT per le spese legali
Rotonda Via Giocosa – Via Padova
MILANO

“Il 13 Maggio tra Bologna e Milano sette compagni e compagne anarchici sono stati arrestati e altri 5 sottoposti a misure cautelari. L’accusa è di 270bis: associazione con finalità di terrorismo. Viene imputato loro di aver portato solidarietà ai prigionieri di carceri e CPR (centri di permanenza per il rimpatrio) e di aver lottato contro questo sistema capitalistico fatto di controllo tecnologico e sfruttamento.
Questa operazione ha lo scopo, dichiarato dalla procura stessa, di prevenire le tensioni sociali dovute alla crisi economica che seguirà quella sanitaria.
Proprio in questo momento in cui lo Stato da un lato reprime e dall’altro affama ancora più del solito crediamo sia importante prendere parola e avere il coraggio di tornare in strada a lottare.
A scuola e sul lavoro, nelle carceri e nei CPR, nelle case e nelle strade con l’avanzare della crisi lottare sarà l’unico modo per poter respirare.”

Solidali e anticapitaliste/i

SABATO 20 GIUGNO
CORTEO A MILANO

𝑵𝒐𝒏 𝒗𝒐𝒈𝒍𝒊𝒂𝒎𝒐 𝒕𝒐𝒓𝒏𝒂𝒓𝒆 𝒂𝒍𝒍𝒂 𝒏𝒐𝒓𝒎𝒂𝒍𝒊𝒕𝒂̀, 𝒑𝒆𝒓𝒄𝒉𝒆́ 𝒍𝒂 𝒏𝒐𝒓𝒎𝒂𝒍𝒊𝒕𝒂̀ 𝒆𝒓𝒂 𝒊𝒍 𝒑𝒓𝒐𝒃𝒍𝒆𝒎𝒂!

● 𝙄𝙡 𝙘𝙖𝙥𝙞𝙩𝙖𝙡𝙞𝙨𝙢𝙤: 𝙘𝙧𝙞𝙨𝙞 𝙚 𝙧𝙞𝙨𝙩𝙧𝙪𝙩𝙩𝙪𝙧𝙖𝙯𝙞𝙤𝙣𝙞
In queste fasi di emergenza e pandemia stiamo vivendo un passaggio epocale del capitalismo. Non si tratta di una novità: è da decenni che assistiamo alle sue trasformazioni, ma in questa situazione stanno emergendo con più forza e violenza, cogliendoci impreparati.

In centinaia d’anni, il capitalismo ha avuto bisogno di sfruttare moltitudini di esseri umani e di saccheggiare terre e risorse attraverso strumenti e tecniche sempre differenti, a seconda dell’epoca storica, della composizione sociale, del sistema economico presente e della latitudine in cui agiva. Il risultato e gli obiettivi sono però sempre stati gli stessi: accumulare con violenza e sfruttamento.

Il solo uso della forza esplicita e tradizionale non sempre basta. Per questo, le armi si affinano, si modificano, si adeguano. Nella parte di mondo in cui viviamo, stiamo assistendo a un periodo di ridistribuzione dei poteri e di trasformazione del sistema capitalistico tradizionale di impronta industriale, che non ha certo cessato di esistere in tutto il mondo. La difficoltà dell’accumulazione richiede nuove strategie, maggiore sfruttamento umano, continui e gravi saccheggi e devastazioni di territori e risorse. Davanti a noi, il capitalismo non si presenta come un blocco monolitico: al suo interno le lotte per il potere e l’egemonia non cessano di susseguirsi. I pochi e le multinazionali che ne escono vincitori accumulano sempre più potere e ricchezze, mentre si assiste a un impoverimento di massa e a un peggioramento della qualità della vita.

Tra le forme di ristrutturazione capitalistica, vi è quella che è stata nominata il capitalismo della sorveglianza(1), in cui il ruolo della tecnologia è sempre più profondo e capillare. In questo contesto, l’esperienza umana diventa una materia prima gratuita per pratiche commerciali nascoste di estrazione, predizione e vendita. Il comportamento umano è continuamente sotto controllo e attraverso queste forme di sorveglianza globale le esperienze personali diventano fondamentali per predire comportamenti futuri e desideri. Il concetto stesso di umanità viene messo in discussione: gli esseri viventi sono considerati non solo come corpi da sfruttare, ma anche come fasci di dati da cui trarre profitti e informazioni utili a orientare le scelte future. Si tratta di una logica economica parassita nella quale la produzione delle merci e dei servizi è subordinata a una trasformazione comportamentale degli individui e delle masse.

Ogni sfera della vita umana, anche quelle immateriali, vengono colonizzate e i comportamenti plasmati. Questa crisi e queste ristrutturazioni hanno effetti pervasivi in ambito economico-lavorativo, politico, sociale, sanitario ed ecologico.

1)𝘚𝘩𝘰𝘴𝘩𝘢𝘯𝘢 𝘡𝘶𝘣𝘰𝘧𝘧 , 𝘐𝘭 𝘤𝘢𝘱𝘪𝘵𝘢𝘭𝘪𝘴𝘮𝘰 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘴𝘰𝘳𝘷𝘦𝘨𝘭𝘪𝘢𝘯𝘻𝘢, 𝘪𝘭 𝘧𝘶𝘵𝘶𝘳𝘰 𝘥𝘦𝘭𝘭’𝘶𝘮𝘢𝘯𝘪𝘵𝘢̀ 𝘯𝘦𝘭𝘭’𝘦𝘳𝘢 𝘥𝘦𝘪 𝘯𝘶𝘰𝘷𝘪 𝘱𝘰𝘷𝘦𝘳𝘪, 2017


● 𝙄𝙣 𝙄𝙩𝙖𝙡𝙞𝙖: 𝙡𝙚 𝙥𝙖𝙧𝙩𝙞 𝙞𝙣 𝙘𝙖𝙢𝙥𝙤
Da più di trent’anni, la gestione aziendale della sanità ha comportato continui tagli e privatizzazioni. Il sistema sanitario è stato smantellato e deturpato a tal punto da rendere sempre più difficile l’accesso alle cure per chi non ha il portafogli gonfio. Così, mentre le risorse destinate alla sanità sono state sempre meno, l’industria bellica viene lautamente sovvenzionata. Le guerre e gli affari economici e militari non si sono fermati neanche con la pandemia, portando migliaia di persone a muoversi dai propri paesi di origine verso l’Europa e i paesi ricchi, attraversando deserti, mari, centri di detenzione.

I lavoratori sono sempre più sfruttati e sacrificati in nome del profitto dei loro padroni. Con il “miracolo” dello smart working avremo individui ancor più soli e atomizzati.
La scuola, già segnata da una deleteria aziendalizzazione, da una consistente precarizzazione degli insegnanti con conseguenze sulla qualità della didattica, ha oramai la sola funzione di creare nuovi sudditi, nuovi consumatori, nuovi padroni e nuovi schiavi. La didattica online, introdotta in tempi di pandemia, ha contribuito alla dissuasione e all’affievolimento delle interazioni e delle relazioni tra gli individui, tentando di evitare concrete possibilità di incontro, protesta e crescita collettiva.
Gli emigrati e le emigrate non versano certo in condizioni migliori. Sia nelle città che nelle campagne, dove si produce il cosiddetto made in Italy, i lavoratori immigrati vivono in condizioni di sfruttamento e schiavitù. La necessità di un maggior numero di lavoratori nel settore agricolo, richiesta a gran voce da Coldiretti e Confindustria, ha portato all’inserimento nel Decreto “Rilancio” del 13 maggio 2020 di una misura per regolarizzare una parte degli emigrati che vivono in Italia. Questa sanatoria non permetterà agli immigranti di ottenere documenti e permessi di soggiorno a lungo termine e rinnovabili, ma solo a garantire ai padroni di non perdere profitti e allo stato di regolarizzare la schiavitù.

● 𝙇’𝙤𝙥𝙚𝙧𝙖𝙯𝙞𝙤𝙣𝙚 “𝙍𝙞𝙩𝙧𝙤𝙫𝙤” 𝙚 𝙜𝙡𝙞 𝙚𝙨𝙥𝙡𝙞𝙘𝙞𝙩𝙞 𝙞𝙣𝙩𝙚𝙣𝙩𝙞 𝙙𝙚𝙡𝙡𝙤 𝙎𝙩𝙖𝙩𝙤
In questo contesto socio-politico, il 13 maggio 2020, a Bologna si è conclusa una lunga indagine che ha portato all’arresto di sette compagni e compagne, mentre per altri/e cinque è stato disposto l’obbligo di dimora a Bologna con rientro notturno. L’accusa è di associazione sovversiva con finalità di terrorismo (270bis).

La Procura di Bologna si è espressa in questi termini, mostrando le sue intenzioni: «In tale quadro, l’intervento, oltre alla sua natura repressiva per i reati contestati, assume una strategica valenza preventiva volta a evitare che in eventuali ulteriori momenti di tensione sociale, scaturibili dalla particolare descritta situazione emergenziale, possano insediarsi altri momenti di più generale “campagne di lotta antistato” oggetto del citato programma criminoso di matrice anarchica».

Gli elementi raccolti per la convalida di queste misure sono legati alle lotte che i nostri compagni e le nostre compagne portavano avanti nel loro territorio, espresse nel portare solidarietà ai reclusi nelle carceri e nei CPR (ricordiamo la recente presenza solidale sotto il carcere della Dozza durante la rivolta dei primi giorni di marzo e la lotta contro l’apertura del CPR di Modena), in cortei non autorizzati, affissioni di manifesti e diverse iniziative pubbliche. Per rincarare la dose sono stati inseriti nell’inchiesta il sabotaggio di un’antenna della televisione più altri danneggiamenti e imbrattamenti.

Lo scopo dello Stato, dunque, non è colpire solo le pratiche, alle quali ci sentiamo comunque solidali, ma punirne anche il solo pericolo presunto, cioè l’intenzione e le possibilità che essa apre.

Di conseguenza, ci pare chiaro che in questo contesto repressivo non si inserisca solo una cosiddetta minoranza radicale, ma ogni forma di lotta contro un mondo di sfruttamento e barbarie.

Infatti, la repressione di Stato e Polizia non ha mancato di colpire i lavoratori che si sono ribellati contro condizioni sempre più precarie, ricattabili e ritmi di lavoro asfissianti.

Un esempio è quello dei lavoratori del magazzino della TNT di Peschiera Borromeo (MI) che, all’inizio di maggio, hanno occupato il magazzino per due giorni per protestare contro la sospensione di cento lavoratori interinali di Adecco e sono stati sgomberati e repressi da un’ingente forza di polizia e carabinieri, e nella sede di Bovisa (MI) sgomberati con l’intervento dell’esercito.

Ad essere colpito è stato anche chi, in condizioni di miseria e povertà, si è trovato costretto ad occupare una casa o a non poter più pagare l’affitto ed essere di conseguenza messo sotto sfratto e sgomberato. È successo anche nel periodo della quarantena nei quartieri di Corvetto e San Siro, dopo che il Comune di Milano aveva dichiarato di sospendere gli sfratti e gli sgomberi fino al 30 giugno e diffondeva con tutti i suoi mezzi di comunicazione l’indicazione di restare a casa per non diffondere il Covid-19.

Anche nelle carceri sovraffollate ci sono state forti rivolte. I detenuti, che durante l’emergenza del Covid-19 si sono ribellati per la privazione di misure e tutele sanitarie necessarie, ammassati in piccole celle, sono stati repressi con pestaggi, privati del vitto e delle cure mediche e trasferiti in altre carceri. Queste rivolte sono costate quattordici morti per mano dello Stato.

Quanto è successo nelle carceri italiane e di tutto il mondo non è da considerarsi un’eccezione, perché il problema è insito nella natura stessa dell’istituzione-carcere, coercitiva e autoritaria.

La repressione ha trovato nuove possibilità per ampliare il suo raggio d’azione e coinvolge sempre più persone.

Il controllo dell’individuo e della società si attua capillarmente non solo attraverso posti di blocco, ma anche con l’utilizzo di droni, autocertificazioni, elicotteri, check-point e telecamere intelligenti. In questi ultimi mesi, quasi l’intera popolazione è stata soggetta ad una forte restrizione nella libertà di movimento. I controlli di Polizia sono aumentati in maniera consistente, con l’ulteriore supporto dell’Esercito Italiano che ha assunto anche il ruolo di pubblico ufficiale. Un esempio eclatante di uso della forza da parte dei militari si è verificato durante il picchetto dei lavoratori in sciopero della Bartolini di Sedriano (MI).

● 𝙍𝙤𝙢𝙥𝙞𝙖𝙢𝙤 𝙡𝙖 𝙣𝙤𝙧𝙢𝙖𝙡𝙞𝙩𝙖̀
Ci insegnano a vivere ognuno per sé, ognuno nella sua sfera privata e impermeabile, ad essere indifferenti alle ingiustizie, a produrre e consumare solo per noi stessi, a immiserirci in guerre tra poveri e cannibalismo sociale.

Non è questo il sistema in cui vogliamo vivere. Continueremo a lottare per un mondo basato su valori di solidarietà e mutuo appoggio, creando comunità lontane da delega e autorità dove ogni individuo è promotore delle proprie istanze.
Durante il lockdown una frase si è diffusa velocemente in tutto il mondo:
«𝑵𝒐𝒏 𝒗𝒐𝒈𝒍𝒊𝒂𝒎𝒐 𝒕𝒐𝒓𝒏𝒂𝒓𝒆 𝒂𝒍𝒍𝒂 𝒏𝒐𝒓𝒎𝒂𝒍𝒊𝒕𝒂̀, 𝒑𝒆𝒓𝒄𝒉𝒆́ 𝒍𝒂 𝒏𝒐𝒓𝒎𝒂𝒍𝒊𝒕𝒂̀ 𝒆̀ 𝒊𝒍 𝒑𝒓𝒐𝒃𝒍𝒆𝒎𝒂».

Pensiamo che sia davvero necessario interrompere il prima possibile questo ritorno alla normalità.

Per farlo ci sarà bisogno di tutti noi, di tutte le nostre capacità e del nostro coraggio, perché la soluzione è mettere in discussione il sistema mortifero del capitalismo e avanzare altre proposte.

In tre o in tremila, nei magazzini o nelle piazze, davanti alle case occupate o sotto le mura delle galere e CPR, nei picchetti o nei sabotaggi, in città o in montagna…

𝙇𝙤𝙩𝙩𝙞𝙖𝙢𝙤 𝙞𝙣𝙨𝙞𝙚𝙢𝙚.
𝙇𝙤𝙩𝙩𝙞𝙖𝙢𝙤 𝙖𝙛𝙛𝙞𝙣𝙘𝙝𝙚́ 𝙙𝙞 𝙦𝙪𝙚𝙡𝙡𝙖 𝙣𝙤𝙧𝙢𝙖𝙡𝙞𝙩𝙖̀ 𝙣𝙚 𝙧𝙚𝙨𝙩𝙚𝙧𝙖̀ 𝙨𝙤𝙡𝙩𝙖𝙣𝙩𝙤 𝙞𝙡 𝙧𝙞𝙘𝙤𝙧𝙙𝙤.

𝘾𝙃𝙄 𝙇𝙊𝙏𝙏𝘼 𝙉𝙊𝙉 𝙀̀’ 𝙈𝘼𝙄 𝙎𝙊𝙇𝙊
𝙇𝙄𝘽𝙀𝙍𝙏𝘼̀’ 𝙋𝙀𝙍 𝙏𝙐𝙏𝙏𝙄 𝙀 𝙏𝙐𝙏𝙏𝙀
𝙎𝘼𝙉𝘼𝙏𝙊𝙍𝙄𝘼 𝙋𝙀𝙍 𝙏𝙐𝙏𝙏𝙀 𝙀 𝙏𝙐𝙏𝙏𝙄

𝑆𝑜𝑙𝑖𝑑𝑎𝑙𝑖 𝑒 𝐴𝑛𝑡𝑖𝑐𝑎𝑝𝑖𝑡𝑎𝑙𝑖𝑠𝑡𝑒/𝑖

● 𝟮𝟬 𝗚𝗜𝗨𝗚𝗡𝗢 𝟮𝟬𝟮𝟬 ●
● 𝗖𝗢𝗥𝗧𝗘𝗢 𝗔 𝗠𝗜𝗟𝗔𝗡𝗢 ●
𝗼𝗿𝗲 𝟭𝟲 𝗰𝗼𝗻𝗰𝗲𝗻𝘁𝗿𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗽𝗶𝗮𝘇𝘇𝗮𝗹𝗲 𝗟𝗼𝗿𝗲𝘁𝗼, 𝗮𝗻𝗴𝗼𝗹𝗼 𝘃𝗶𝗮𝗹𝗲 𝗣𝗮𝗱𝗼𝘃𝗮.
𝗺𝗺 𝗟𝗼𝗿𝗲𝘁𝗼.