Stessa ora, stesso biglietto da visita
Stessa ora, stesso biglietto da visita
Per chi ancora avesse dei dubbi sulle misure di ordine pubblico che accompagneranno la Transizione promossa da Draghi, questa mattina è arrivato il primo biglietto da visita del nuovo governo in materia di repressione sociale. Due operazioni di polizia, più o meno alla stessa ora. A Torino, circa duecento agenti hanno proceduto ad eseguire delle misure cautelari contro più di trenta giovani e giovanissimi di origine immigrata per la rivolta del 26 ottobre 2020. L’accusa: “devastazione e saccheggio”. A Piacenza, le forze dell’ordine hanno perquisito le case di venticinque facchini e militanti del Si Cobas per i 13 giorni di sciopero e i picchetti – con relative cariche – di qualche settimana fa davanti ai cancelli della TNT-FedEx. Cinque divieti di dimora, due arresti domiciliari e la richiesta di revoca del permesso di soggiorno per cinque lavoratori. Le accuse: “resistenza a pubblico ufficiale” e “violenza privata”. Più una multa di circa 13mila euro per trasgressione delle normative “anti-assembramento”. Mentre lo Stato archivia l’inchiesta sulle morti in carceri e sui pestaggi dell’anno scorso e contemporaneamente si appresta a processare centinaia di detenuti (vari dei quali proprio per “devastazione e saccheggio”, la stessa accusa con cui sessantatré imputati sono sotto processo a Bolzano per la manifestazione del maggio 2016 contro la frontiera del Brennero); mentre continua la repressione selettiva, in particolare contro gli anarchici, il maglio poliziesco-giudiziario colpisce in modo sia quantitativamente sia qualitativamente più esteso: giovani proletari e facchini in lotta. Si produce – alle condizioni che detta il padrone – e si torna a casa (presto). Basta. Guai a protestare nelle galere. Guai ad allungare le mani contro le vetrine del lusso. Guai a resistere alle cariche della polizia. Guai a contrastare le linee aziendali (ancor più se così facendo si strappano dei risultati positivi, come successo proprio a Piacenza). Carceri, piazze, luoghi di lavoro. Si riuscirà questa volta a non separare nella solidarietà ciò che lo Stato sta unendo nella repressione?