Maledette zanzare! O come sterminarle con la biotecnologia gene drive
E14-00322, 11-09-2003, 10:21, 8C, 7028x5128 (1932+4896), 150%, affischezacht, 1/60 s, R77.2, G40.3, B39.2
Andrea Crisanti è un nome noto al grande pubblico. DARPA e Fondazione Bill e Melinda Gates lo sono altrettanto per i lettori di questo sito. Tuttavia, se è conosciuto il ruolo di questi figuri nella vicenda del Covid, lo è meno questa ennesima impresa di hybris tecnologica promossa dagli stessi: lo sterminio delle zanzare “pericolose” attraverso la tecnica gene drive. Ne parla questo eccellente articolo, che riprendiamo dal sito della rivista “Malamente”.
Da https://rivista.edizionimalamente.it/2025/10/25/maledette-zanzare/
Qui in pdf: Malamente-38_10-Maledette_zanzare_gene_drive
Maledette zanzare
Come sterminarle con la biotecnologia “gene drive”
Di Luigi
Da Rivista Malamente, n. 38 (nov. 2025)
La zanzara è quell’animale capace di mettere a dura prova anche i più convinti antispecisti. Ah… potersene sbarazzare e godersi l’estate senza la loro fastidiosa presenza! Ma le zanzare non sono tutte uguali. Le specie con cui abbiamo a che fare alle nostre latitudini sono certamente antipatiche ma non potenzialmente letali come quelle in grado di trasmettere la malaria e altre malattie. Quest’ultime pare che stiano per fare una brutta fine: le biotecnologie genetiche hanno trovato il modo di sterminarle, eradicarle, cancellarle dalla faccia della terra. L’applicazione in campo aperto di questa tecnologia (“gene drive”) è davvero alle porte. Ma non è tutto pacifico come sembra. Ogni essere vivente ha il suo ruolo in un ecosistema interconnesso e nessuno sa – ammettono gli stessi scienziati – quali ripercussioni a lungo termine può avere questo intervento. Inoltre, perché limitarsi alle sole zanzare? Altri studi, su altri animali, sono in corso. Non è di buon auspicio nemmeno il fatto che i principali finanziatori di queste ricerche siano, guarda caso, le agenzie militari.
Andrea Crisanti. Come dimenticare questo nome? È stata una delle virostar più in voga ai tempi della pandemia. Ricordiamo, tra l’altro, il suo entusiasmo nel cantare il motivetto di Natale “Sì sì Vax” sulle note di Jingle Bells, «se tranquillo vuoi stare, i nonni non baciare…».[1] Ma il Covid è stato per lui solo un diversivo rispetto al suo principale oggetto di studio: le zanzare. Crisanti, insieme ad altri manipolatori genetici, è infatti uno dei protagonisti di una nuova frontiera biotecnologica: il gene drive. [leggi tutto…]
Le zanzare sono gli animali più letali del mondo. Ne esistono circa 3.500 specie, 50 delle quali sono in grado di trasmettere all’uomo malattie che, ogni anno, causano la morte di circa 700.000 persone. In particolare, le zanzare del genere Anopheles trasmettono il parassita della malaria, quelle del genere Aedes trasmettono infezioni virali come dengue e febbre gialla. Oggi la tecnologia promette di liberarci da tutto questo, ma a quale prezzo?
Chinino e DDT
Già in passato la tecnologia aveva dato prova di saper metter toppe peggiori del buco. Guardando al caso italiano, a cavallo tra Otto e Novecento la malaria che infestava le zone paludose come Agro pontino e Polesine era stata praticamente debellata, grazie al miglioramento delle condizioni igienico-sociali, all’uso di zanzariere, al chinino (sostanza estratta dalla corteccia della Cinchona con cui venivano, tra l’altro, riempiti cioccolatini da regalare ai bambini) e, successivamente, alle famose bonifiche del fascismo. Poi, però, nei difficili anni della Seconda guerra mondiale il problema si era ripresentato.
Cessati i bombardamenti, la soluzione arrivò dall’ultimo ritrovato dei laboratori scientifici che si era visto come sterminasse non solo le zanzare, ma anche i pidocchi e tanti altri infestanti. Parliamo del DDT, che venne copiosamente spruzzato in stalle e abitazioni rurali. Una vera e propria tabula rasa di pulito: casi di malaria ridotti a zero, ma effetti collaterali che possiamo solo immaginare. Rimaneva fuori la Sardegna, ma ancora per poco; ben presto intervennero infatti i finanziamenti della Fondazione Rockfeller che garantirono anche all’isola le sue massicce dosi di insetticida, irrorato copiosamente e a tappeto (solo nel 1978 il DDT verrà messo al bando in Italia). Questa strategia alquanto discutibile verrà replicata pari pari nei decenni successivi nelle aree povere e rurali del mondo, sotto l’egida dell’appena costituita OMS, almeno fino a quando non iniziarono a svilupparsi zanzare resistenti al DDT. Una dinamica che dovrebbe per lo meno insegnarci qualcosa.
Successivamente, alla fine degli anni Novanta, a livello mondiale la strategia di contrasto alla malaria cambia. Con un passo indietro rispetto alla chimica tossica si ritorna agli strumenti che avevano dimostrato efficacia già nel secolo scorso: zanzariere (le zanzare responsabili della malaria pungono principalmente nelle ore serali e notturne, mantenerle fuori casa mentre si dorme si stima apporti una riduzione del 70% delle infezioni), accesso alle cure per tutti, rafforzamento dei sistemi sanitari e delle misure igieniche.
Troppo poco, in anni in cui si stanno realmente mettendo le mani sul DNA degli esseri viventi per piegarlo all’utilità umana: intorno al 2000 Crisanti e altri zanzarologi, dopo stagioni passate a coltivare sciami di insetti, “producono” in laboratorio le prime zanzare geneticamente modificate, impossibilitate a trasmettere la malaria.
Gabbie del Laboratorio di confinamento ecologico del Polo GGB di Terni
Hybris
Passare dal laboratorio al mondo esterno non è però un passo facile, ancor più arduo diffondere la mutazione genetica da un pugno di individui all’intera popolazione mondiale di una certa specie di zanzare. Ma non è tutto. Gli apprendisti stregoni puntano ancora più in alto: usare la genetica per cancellare dalla faccia della terra, una volta per tutte, le specie di zanzare responsabili della trasmissione della malaria. Ovvero sovvertire con un colpo di mano le regole dell’evoluzione perfezionatesi nel corso di milioni e miliardi di anni, perfettamente consapevoli, afferma Crisanti, di «dover affrontare una sfida alla natura di dimensione prometeica».[3] Hybris: insolenza e tracotanza.
È a questo punto che arrivano in soccorso i benefattori. La Fondazione Bill & Melinda Gates stanzia in prima battuta 10 milioni di dollari per sostenere il progetto che viene denominato Target Malaria. Obiettivo: sopprimere la capacità riproduttiva di intere popolazioni di zanzare, al fine di eradicarle.
I primi risultati non sono in realtà entusiasmanti perché, se all’inizio la sterilità si diffonde a macchia d’olio, dopo poche generazioni la natura pareva ribellarsi alla propagazione di questo assoluto svantaggio selettivo. Ma l’uomo – cartesianamente «signore e padrone della natura» – non ci sta. Le leggi che regolano la materia vivente devono piegarsi al suo volere tanto che, dopo ulteriori tentativi e sovvenzioni milionarie, alla fine, la soluzione arriva: si chiama gene drive, o reazione genetica a catena. Per la prima volta diventa possibile deviare il percorso evolutivo di una popolazione di animali dirottandolo verso una rapidissima estinzione.
Gene drive
Il meccanismo gene drive utilizza il CRISPR-Cas9, una tecnologia di editing genomico che permette di modificare il DNA in maniera molto precisa (più o meno…); evitiamo qui di addentrarci nei dettagli tecnici di questa tecnologia, rimandando ad altri articoli che abbiamo pubblicato in passato sulla Rivista.[4] Basti sapere che, in sostanza, il gene drive funziona da acceleratore della diffusione ereditaria di determinate caratteristiche: se in natura un gene ha il 50% di probabilità di essere trasmesso da un genitore a un figlio, se trasportato da un drive le sue possibilità sfiorano il 100%. Pertanto, truccando i dadi delle probabilità, nel giro di qualche generazione (avendo un ciclo vitale di poche settimane, le generazioni di zanzare si susseguono rapidamente) un gene programmato per danneggiare una specie può propagarsi con un effetto domino in tutta la popolazione, fino a farla collassare.
Gli zanzarologi lavorano in due direzioni, spiega Crisanti: «La prima consiste nel distruggere il cromosoma X durante la formazione degli spermatozoi, in modo che nascano solo maschi, che non pungono e non trasmettono la malaria. Lo sbilanciamento nel rapporto tra i sessi è destinato a causare il collasso della popolazione con un effetto domino. La seconda consiste nel distruggere un gene che è coinvolto nella fertilità delle femmine ma è inutilizzato nei maschi, che quindi lo diffondono, trasmettendolo alle femmine che diventano tutte sterili».[5] Riassumendo: si punta a far scomparire le femmine fertili di una specie, portandola di conseguenza all’estinzione.
Nel luglio 2018 Target Malaria ha avviato la Fase 1, ovvero il primo rilascio di insetti geneticamente modificati, nello specifico zanzare di sesso maschile e sterili, a Bana e Sourkoudingan, in Burkina Faso. La Fase 3, che dovrebbe partire nel 2027, dopo aver completato i vari adempimenti burocratici, prevede il rilascio di vere e proprie zanzare gene drive nell’Africa tropicale.
Nel frattempo vanno avanti gli esperimenti di laboratorio condotti da Crisanti & C. Prima su piccola scala, poi nelle grandi gabbie del Polo d’innovazione di genomica, genetica e biologia, a Terni, dove è stato ricreato un ambiente tropicale artificiale.[6] La tecnica ha funzionato, ma quel che si osserva all’interno di un laboratorio di confinamento ecologico dice poco o nulla rispetto a quali saranno le ricadute negli ecosistemi reali. Sponsor e sostenitori della ricerca sul gene drive si sono impegnati ad assicurare degli standard di biosicurezza condivisi e spergiurano che è tutto trasparente e sotto controllo, unicamente diretto al bene collettivo e che ogni passo sarà condiviso con le comunità interessate (ci crediamo, come quando l’oste dice che il vino è buono).[7]
Imprevedibilità
Ma quale sarà l’impatto sull’ambiente diventato, esso stesso, laboratorio di sperimentazione? Sono prevedibili tutte le ricadute, sapendo che lo scambio tra organismi ed ecosistemi è fatto di interazioni complesse che non possono essere ridotte a un meccanicismo genetico progettato a tavolino? Quali effetti ci saranno sulla salute degli altri animali e dell’uomo? Cosa accadrebbe se i geni modificati passassero ad altre specie di zanzara: eventualità giudicata «non trascurabile» secondo alcuni studi?[8]
E ancora: quanto ci vorrà prima che dalle zanzare si passi ad altri animali “nocivi”? Le stime ci dicono che in media il 10-15% dei raccolti si perde a causa dei parassiti: perché non risparmiare pesticidi e sterminarli tutti a forza di “bombe genetiche”? La Nuova Zelanda ha già annunciato l’intenzione di eliminare i ratti, gli opossum e gli ermellini entro il 2050, considerandoli specie invasive che causano enormi danni alla flora e alla fauna locale.[9] Al di là delle ripercussioni incontrollabili sull’intero ecosistema di cui tali animali sono parte integrante, chi può garantire che la sperimentazione non travalichi i confini dell’isola (basta qualche ratto che si imbarca casualmente, o deliberatamente) e finisca per diffondere l’estinzione a livello globale?
C’è un curioso precedente di tentato controllo biologico, fallito con effetti a catena devastanti e inaspettati. Fu quando la Cina di Mao decise di sterminare i passeri nell’ambito della campagna propagandistica contro le “quattro piaghe” promossa dal governo. I passeri, infatti, mangiavano il grano prima del raccolto. Tuttavia, si è scoperto che i passeri mangiavano anche i parassiti agricoli. La Cina si è vista costretta a limitare i danni importando successivamente passeri dalla Russia, ciononostante, la decimazione della popolazione di passeri ha portato a un enorme calo dei raccolti ed è stata probabilmente una delle cause principali della carestia che ha provocato la morte per fame di 30-45 milioni di persone tra il 1958 e il 1962.[10]
Un altro aspetto importante, che indirettamente fa capire molte cose, riguarda i flussi di denaro. Chi è diventato il più grande finanziatore al mondo della ricerca sul gene drive? I militari. La DARPA statunitense (Defense advanced research projects agency) ha investito subito 100 milioni di dollari (due e mezzo andati direttamente a Crisanti) e continua a sostenere gli sviluppi del progetto. Non ci vuole molto per capire come il gene drive, al di là delle zanzare, apra le porte alla possibilità di sviluppare armi biologiche utilizzandolo, ad esempio, per eradicare insetti importanti e benefici per l’agricoltura in una determinata regione. L’interesse dell’agenzia militare statunitense è ovviamente quello di padroneggiare tale tecnologia prima che qualche stato canaglia ci metta le mani…[11]
Queste e altre preoccupazioni attraversano anche gli stessi ambienti della ricerca scientifica. Nel 2016, ricercatori e attivisti riuniti a Cancún per la COP13 della Convenzione sulla diversità biologica (CBD) hanno lanciato un appello all’ONU chiedendo una moratoria sulle ricerche relative al gene drive. Nella lettera A call for conservation with a conscience: no place for gene drives in conservation scrivevano: «Il gene drive ha il potenziale di trasformare radicalmente il nostro mondo naturale e persino il rapporto dell’umanità con esso. […] L’assunzione di un tale potere è una soglia morale ed etica che non deve essere superata senza grande cautela».[12] Niente di particolarmente luddista: quel che chiedevano era solo una migliore valutazione e una regolamentazione della materia, nel solco dei tanti appelli alla prudenza lanciati nel corso dei decenni dagli stessi ricercatori ai loro colleghi (almeno, per quel che riguarda il tema da vicino, dalla Conferenza di Asilomar del 1975 sul DNA ricombinante): tutti scavalcati senza colpo ferire e risoltisi in un nulla di fatto. “Non si può fermare il progresso!” – con le armi e gli armigeri del progresso.
Una nuova proposta di moratoria emerge due anni dopo, alla COP14 (tenutasi in Egitto); proposta rigettata per non aver ottenuto il consenso unanime. Chi rappresentava un paese come l’Uganda in quel contesto? Uomini legati a Target Malaria (che lavorano in stretta collaborazione con il governativo Uganda virus research institute). Ulteriori proposte di moratoria internazionale, inascoltate, emergono anche negli anni successivi.
Un maggior senso di giustizia e moralità lo troviamo invece nell’opposizione dal basso, nei non specialisti che reclamano il diritto di parola dimostrando che c’è ancora una speranza, anche se di fronte alla potenza della tecnoscienza le forze dell’umanità appaiono troppo deboli. Attivisti di Burkina Faso, Senegal, Costa d’Avorio, da anni si stanno mobilitando e battendo per opporsi ai disegni di Target Malaria e della Fondazione Bill & Melinda Gates.[13]
Due documentari – A Question of Consent: Exterminator Mosquitoes in Burkina Faso e Gene Drives in Africa: Civil Society Speaks Out – danno voce all’opposizione della popolazione locale.[14] «Essere le cavie da laboratorio per un esperimento del genere è ragione di grande inquietudine», afferma Daouda Kambe Ouattara, dell’associazione Y’n a Marre. Ali Tapsoba dell’associazione Terre à vie denuncia la mentalità colonialista di Target Malaria: «non possono imporci un modo di curare la malaria senza prima chiedere la nostra opinione», tanto più visti i precedenti. È noto, ad esempio, quali danni abbia causato e come sia poi miseramente fallita l’esperienza di introduzione del cotone geneticamente modificato (Monsanto BT): «sappiamo che quando arriva questa gente, non si muove per il bene della popolazione, ma per i loro interessi», aggiunge Naufou Koussoube, della Fédération national des groupements de Naam. C’è poi una questione di tipo etico sollevata dagli attivisti che si chiedono per quale motivo si spendano miliardi in ricerche che sono potenzialmente pericolose (per la salute, per l’ambiente, e di riflesso potenzialmente dannose per l’economia locale), quando esistono soluzioni indigene per curare la malaria. In primo luogo, si chiedono quindi investimenti nell’igiene, nella bonifica, nella sanificazione dei villaggi.
Intanto, notizia di agosto 2025, il Burkina Faso ha ufficialmente ordinato la sospensione definitiva del progetto Target Malaria, quindi la chiusura dei laboratori e la distruzione dei campioni, opponendosi ai disegni di “neocolonialismo scientifico” della Fondazione Gates e dei suoi accoliti: questi presunti filantropi che investono in tecnologie brevettate e trasformano ogni “causa umanitaria” in un’opportunità finanziaria.[15]
In conclusione, sono in molti a paventare il rischio che qualcosa di irreversibile venga provocato agli ecosistemi africani e mondiali ancora prima che gli scienziati abbiano compreso appieno il funzionamento di questa tecnologia. Ai danni, qualora vi saranno, si risponderà elaborando nuove soluzioni tecnologiche. Con nuovi effetti collaterali imprevisti. E così via. Fino a dove? Ma anche se andasse fortuitamente tutto bene, resta la questione di fondo della distanza insormontabile tra chi vuol continuare a vivere da essere umano e chi rincorre la volontà di potenza: «anche se siete interessati ai problemi dell’Africa – ha detto un attivista africano a un ricercatore del MIT – ciò che ci preoccupa è il mondo che state lasciando».[16]
Per una disamina più approfondita di tutte gli interrogativi emersi in questo articolo si veda il sito della campagna Stop Gene Drive (www.stop-genedrives.eu) che riunisce circa 240 organizzazioni attive nella conservazione della natura, nella protezione dell’ambiente, nel benessere degli animali e nei campi dell’agricoltura e della cooperazione internazionale.
[1] <www.youtube.com/watch?v=rLzRGIaoYMw>.
[2] Flaminia Catteruccia [et al.], Stable germline transformation of the malaria mosquito Anopheles stephensi, “Nature”, 405, (2000), p. 959-962, DOI: 10.1038/35016096.
[3] Andrea Crisanti, Reazione genetica a catena: capovolgere le regole dell’evoluzione, Bologna, Il Mulino, 2025, p. 89.
[4] Cfr. E l’uomo creò l’uomo. CRISPR e le nuove frontiere dell’editing genomico, “Rivista Malamente”, n. 25, giu. 2022; Dio è morto in laboratorio, ivi, set. 2023; Verso il transumanesimo: crispizzare bambini, ivi, ott. 2024.
[5] Reazioni genetiche a catena. La frontiera dei “gene drive” parla italiano, intervista ad Andrea Crisanti, <https://crispr.blog>.
[6] Kyros Kyrou [et al.], A CRISPR–Cas9 gene drive targeting doublesex causes complete population suppression in caged Anopheles gambiae mosquitoes, “Nature biotechnology”, 36, (2018), p. 1062-1066, DOI: 10.1038/nbt.4245; Andrew Hammond [et al.], Gene-drive suppression of mosquito populations in large cages as a bridge between lab and field, “Nature communications”, 12, 4589, (2021), DOI: 10.1038/s41467-021-24790-6.
[7] Clauda Emerson et al., Principles for gene drive research. Sponsors and supporters of gene drive research respond to a National Academies report, “Science”, 358, 6367, (2017), p. 1135-1136, DOI: 10.1126/science.aap9026.
[8] Virginie Courtier-Orgogozo [et al.], Evaluating the probability of CRISPR-based gene drive contaminating another species, “Evolutionary Applications”, 13, 8, (2020), p. 1888-1905, DOI: 10.1111/eva.12939.
[9] Kevin M. Esvelt, Neil J. Gemmell, Conservation demands safe gene drive, “PLOS Biology”, 16 nov. 2017, DOI: 10.1371/journal.pbio.2003850.
[10] Jemimah Steinfeld, China’s deadly science lesson: How an ill-conceived campaign against sparrows contributed to one of the worst famines in history, “Index on Censorship”, 47, 3, (2018), p. 49, DOI: 10.1177/0306422018800259.
[11] Arthur Nelsen, US military agency invests $100m in genetic extinction technologies, “The Guardian”, 4 dic. 2017, <www.theguardian.com>.
[12] <https://www.boell.de/en/2016/11/16/offener-brief-fur-naturschutz-mit-gewissen-kein-platz-fur-gene-drives>.
[13] Sulle opposizioni ai progetti di Target Malaria (ma anche per una disamina delle linee guida del filantrocapitalismo e, dall’altra parte, dei movimenti per la sovranità alimentare e territoriale) si veda Maura Benegiamo, The Target Malaria project and the gene drive experiment: for an ontological politics of the neoliberal bioeconomy and its controversies, “Rassegna italiana di sociologia”, 4, 2024, p. 959-986, DOI: 10.1423/115307
[14] I documentari, sottotitolati in italiano, sono disponibili sul canale youtube di Resistenze al nanomondo.
[15] Enrica Perucchietti, No al “neocolonialismo scientifico”: Il Burkina Faso vieta le zanzare OGM di Bill Gates, “L’indipendente”, 25 ago. 2025.
[16] Cit. in Maura Benegiamo, The Target Malaria project and the gene drive experiment, cit.

