Motivazioni

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Motivazioni
La storia di Rumkowski è la storia incresciosa e inquietante
dei Kapos e dei funzionari dei Lager; dei gerarchetti che
servono un regime alle cui colpe sono volutamente ciechi;
dei subordinati che firmano tutto, perché una firma costa poco;
di chi scuote il capo ma acconsente; di chi dice
«se non lo facessi io, lo farebbe un altro peggiore di me»
Primo Levi, I sommersi e i salvati
«Il progetto è già attivo e attualmente in corso. Non ci si può ritirare a meno di fornire delle motivazioni». È in questo modo che l’Università di Trento e nello specifico il DISI (Dipartimento di Ingegneria e Scienze dell’Informazione), attraverso le dichiarazioni del senato accademico, si giustifica di fronte al fatto di non voler recidere alcun contratto con IBM Israel, colosso tecnologico fondamentale allo Stato di Israele nell’identificazione e la classificazione (con finalità di genocidio) dei palestinesi.
Ora, non sono certo nuove le collaborazioni dell’Università di Trento con l’industria e la ricerca belliche, ed in particolare con lo Stato di Israele, le sue università e le sue aziende. Ma che, con un genocidio in corso, tali personaggi non riescano proprio a trovare delle motivazioni per smettere di esserne complici, ci sembra superi ogni misura umana. O meglio, ci sembra esattamente conseguente alla “banalità del male” che pervade ormai ogni ambito del complesso scientifico-militare-industriale e dei suoi collaboratori. È però una seconda affermazione del senato ad essere forse ancora più emblematica, la “seconda ragione” per cui non è da discutere la collaborazione in corso, e che non si vergogna a definire “ragione di volontà”. «Sono presenti diversi accordi con enti provenienti da Stati che partecipano a guerre o violazioni dei diritti umani e bloccarli bloccherebbe gran parte della ricerca universitaria», ci spiegano. Sorprendendoci per l’insolita chiarezza (ma che mondo è quello che vanifica persino il bisogno di lavarsi le mani sporche di sangue?) cogliamo l’occasione per provare a tornare su alcuni ragionamenti.
Potrebbe sbalordire il fatto che IBM, per mezzo delle schede perforate del suo fondatore Herman Hollerith, fu l’azienda fondamentale al Reich nazista per il censimento degli ebrei e dunque al funzionamento dei campi di concentramento e di sterminio. Ma se si prova a prendere in mano alcuni dei documenti che certificano la nascita e la storia dello Stato d’Israele fin dall’immediato dopoguerra, risulta invece tutto mostruosamente ordinario. I colpi di Stato appoggiati da Israele, al fianco degli Stati Uniti, in mezzo mondo; la fornitura di armamenti a dittature dichiaratamente naziste (come l’Argentina di Juan Perón, che tra le altre cose torturò e uccise molti ebrei), ma anche al Cile di Pinochet, al Sudafrica dell’Apartheid, al Guatemala di Ríos Montt*; l’esportazione delle tecnologie di sorveglianza testate sui palestinesi. Questa è stata “l’accumulazione originaria” di Israele.
Il ruolo della Ricerca allora, come ci suggerisce il senato accademico, non è quello di chiedersi quale fine possa avere un determinato studio o una determinata collaborazione, bensì quello di mantenere un Sistema. Non importa se a pagare il prezzo di una «firma che costa poco» siano donne, bambini, uomini, popolazioni, interi territori. Ciò che non si deve interrompere per nessun motivo è l’avanzare imperterrito della macchina del progresso tecno-scientifico. Perché hanno ragione: bloccare certi accordi significa bloccare gran parte della ricerca universitaria.
Allora forse bisognerebbe chiedersi in che tipo di mondo stiamo vivendo. Riconoscere che se alla “Libertà di Ricerca” qui è legata la possibilità di vivere o di morire altrove, il Sistema stesso che ne garantisce l’esistenza è il cancro che ha costretto da tempo «la coscienza al bando», contribuendo con la sua logica dell’efficacia alla “cosificazione” dell’essere umano.
Per provare ad interrompere questa marcia verso l’abisso bisogna allora anzitutto mollare la presa («Ero troppo occupato ad affrontare il problema tecnico dei miei forni per accorgermi di tutti quei cadaveri» dichiarò un “lavoratore” nazista durante il processo di Auschwitz). Comprendere che la guerra ha le sue retrovie e le sue zone grigie, con la primaria funzione di essere vergognose fabbriche dell’obbedienza. La conoscenza tecno-scientifica è un muro che divide il mondo poiché «qualunque potere si sostiene con strumenti che hanno in ogni situazione una portata determinata» (Simone Weil), laddove il ruolo dello Stato diviene fondamentale all’organizzazione e al mantenimento dell’apparato, anche attraverso la pacificazione sociale e gli attacchi repressivi.
Dunque agli Eichmann del nuovo millennio, a questa obbedienza cadaverica (Kadavergehorsam la definì lo stesso Eichmann al processo di Gerusalemme), possiamo solo dire che la loro mancanza di motivazioni per smettere di sostenere un genocidio è il motivo stesso per cui sono i nostri nemici.
Agli incerti che ancora non riescono a sentire il ticchettìo e vedono “nel migliore dei mondi possibili”, rappresentato oggi dall’“unica democrazia del Medio-Oriente”, un inevitabile male minore, possiamo consigliare di guardare altrove.
Un altrove che esiste nella forza straordinariamente umana della resistenza. Nell’attacco alla mostruosa sicurezza che alimenta la catastrofe del presente. Nella possibilità di guardare oltre i muri di cinta di una Società disumana. Nella volontà di scavalcarli, quei muri, per provare a mettere qualcosa di stra-ordinario «nel più ordinario dei giorni», quello nel quale «i subordinati firmano tutto perché una firma costa poco».
Ecco dove noi preferiamo cercare le nostre motivazioni.
* Per approfondire si può leggere Laboratorio Palestina, di Antony Loewenstein
(Tratto dal foglio anarchico “Foravia”, numero 10, luglio 2025″)