Aggiornamenti sul processo ad Anan, Alì e Mansour

Riceviamo e diffondiamo:

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Aggiornamenti sul processo ad Anan, Alì e Mansour

Il 2 Aprile si è tenuta all’Aquila la prima udienza del processo ai tre palestinesi, Anan, Alì e Mansour, accusati di proselitismo e finanziamento del terrorismo, un udienza che ha visto la partecipazione di numerosi solidali che hanno tenuto un presidio all’esterno del tribunale. (1)

Già da questo primo appuntamento si è capito che aria tira nella procura abruzzese.

La corte ha accettato solo 3 testi su i 47 presentati dalla difesa. Questi testimoni dovevano descrivere quale fosse il contesto da cui provengono gli imputati, che è il territorio palestinese occupato dove è attiva una legittima resistenza popolare.

Durante l’udienza il giudice ha fatto sgomberare l’aula dal pubblico, dopo che gli avvocati ed i solidali avevano contestato i ripetuti errori dell’interprete della procura. La mancata attenzione alla correttezza delle traduzioni è rilevante in un processo in cui le accuse si fondano su documenti tradotti due volte (dall’arabo, all’ebraico, all’italiano), è chiaro come questi documenti possano essere fuorvianti sia in conseguenza di errori nella traduzione sia a causa di falsificazioni operate dagli israeliani.

Ma il fatto più grave avvenuto in questa prima udienza è stato che la corte ha accettato come prove accusatorie i documenti forniti allo Stato italiano dallo Shin Bet, i servizi segreti israeliani. Si tratta di una serie di trascrizioni di interrogatori effettuati nei centri di detenzione a prigionieri palestinesi. Nel corso degli interrogatori condotti dallo Shin Bet i detenuti sono sottoposti alla legge eccezionale marziale, questi interrogatori sono quindi operazioni di guerra a cui la magistratura italiana sta dando la sua collaborazione.

Numerose organizzazioni internazionali che si occupano dei diritti umani denunciano come gli Israeliani sottopongano i prigionieri a trattamenti inumani e degradanti ed utilizzino sistematicamente la tortura per estorcere informazioni e confessioni ai prigionieri. (2)

La corte, accettando di ammettere al processo questi verbali, supporta e legittima i torturatori.

Il fatto che la la magistratura italiana utilizzi prove raccolte in luoghi di detenzione nei quali si tortura sistematicamente è inaccettabile.

Se permettiamo questo, quale sarà il prossimo gradino che scenderemo in un Paese dove la repressione contro gli esclusi e gli antagonisti sta aumentando costantemente?

Non si tratta di una domanda fuori luogo, visto che lo Stato italiano da tempo utilizza la tortura bianca del 41 bis. Lo stesso Stato non ha avuto remore nel fare ricorso all’arma della tortura anche quando, nel recente passato, ha affrontato un insorgenza sociale diffusa.(3)

Non ci sorprende che una procedura intollerabile come questa sia adottata da una procura, quella dell’Aquila, dove opera la DNAA (Direzione Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo).

Abbiamo già denunciato come tortura l’utilizzo del regime carcerario 41 bis, regime che è applicato su richiesta della DNAA. Riteniamo sia una forma di tortura in quanto il detenuto subisce forme di isolamento estremo e di deprivazione sensoriale che provocano gravi danni fisici e psicologici.

Ma lo è anche perché il trattamento inumano è finalizzato ad ottenere delle confessioni, cioè i detenuti possono uscire da questo regime quando si “pentono” e collaborano, cioè quando assecondano le richieste degli inquirenti, generalmente facendo dei nomi ed in sostanza mettendo in cella qualcun altro al posto loro. Similmente avviene in Palestina a chi viene torturato o minacciato di tortura. La storia dell’inquisizione ci insegna non solo che queste modalità sono inumane ma che le confessioni cosi estorte sono spesso false in quanto chi è sottoposto a tortura tende ad assecondare il carnefice con false dichiarazioni per porre fine al suplizio.

Stiamo assistendo ad una tragedia di portata storica, il genocidio di un popolo perseguito con la collaborazione dei paesi capitalisti occidentali. Il processo tenuto all’Aquila è una manifestazione di questo collaborazionismo. Il principale modo con cui possiamo opporci al genocidio è mobilitarci per recidere ogni rapporto di collaborazione tra Italia e Israele!

Di fronte alle prospettive di guerra, al riarmo, alla crisi internazionale, gli Stati incrementano la repressione contro il conflitto sociale: estendiamo la solidarietà e organizziamoci per contrastare questa guerra di classe!

Il 12 aprile scendiamo in piazza a Milano anche per la libertà di Anan, Alì e Mansour

La prossima udienza si terrà il 16 aprile.

complici e solidali

riferimenti e fonti:

(1) https://ilrovescio.info/2025/03/28/2-aprile-liberta-per-anan-ali-e-mansour-mobilitazione-a-laquila-e-in-ogni-territorio/

(2) https://www.amnesty.it/israele-tortura-e-trattamenti-umilianti-inflitti-ai-detenuti-palestinesi/

(3) Le torture affiorate, edizioni Sensibili alle foglie.