Neve al popolo

Riceviamo e diffondiamo:

Neve al popolo

Scusa eh, ma se i torpigna dopo averci invaso Piazza di Spagna ci invadono anche Cortina allora, allora non lo so vendiamoci la casa e amen, è vero? Che ne dici Giovanni?”

vacanze di natale

Sulle pagine di cronaca hanno primeggiato per qualche settimana le notizie riguardanti un fatto originale: i napoletani hanno invaso Roccaraso. La notizia è arrivata anche su importanti testate internazionali.

Domenica 26 gennaio la stazione sciistica abruzzese, oltre alla consueta presenza turistica, è stata raggiunta da 200 autobus provenienti da Napoli che hanno trasportato circa diecimila gitanti.

Questo afflusso eccezionale sarebbe dovuto ad alcuni tiktoker (Sic) che hanno pubblicizzato ed organizzato le gite. Sotto i riflettori in particolare è finita Rita de Crescenzo, i cui video superano il milione di visualizzazioni, la quale, proprio dalla piste da sci di Roccaraso, in un suo precedente video-messaggio, aveva decantato la bellezza delle montagne innevate ed invitato i suoi fans a raggiungerla.

La località montana quindi è stata meta di un numero di turisti maggiore di quello medio, dando vita al fenomeno del cosiddetto overtourism. A causa di questo evento, in seguito agli ordini del prefetto e dei sindaci dell’Alto Sangro, sono stati predisposti per le settimane successive il numero chiuso e la prenotazione obbligatoria per gli autobus, inoltre sono stati predisposti varchi di accesso alla località presidiati dalle forze dell’ordine.

Al di la dell’immondizia lasciata a terra, dei problemi di viabilità e di sicurezza, la problematica reale, se si parla con gli addetti del settore, è che i turisti mordi e fuggi degli autobus “non lasciano soldi”, cioè è un turismo da cui si ricava poco profitto e che disincentiva la presenza di clienti più facoltosi. Comprensori sciistici come quello dell’AltoSangroSkipass vogliono rivolgersi ad una clientela di prestigio non a chi si porta il panino da casa.

A difesa degli interessi degli imprenditori del turismo si è schierato l’esercito dei media che ha fatto fuoco con tutto l’armamentario che usa abitualmente quando deve annichilire qualche nemico dello Stato creando l’emergenza di turno – e sono volate parole pesanti. I gitanti sono stati accusati di sporcare, di rubare, di riciclaggio, di collusione con la camorra, di essere unni, di avere attuato un’invasione. La palma d’oro va al deputato di AVS Francesco Emilio Borrelli che ha apostrofato gli innocui gitanti con la gentile frase “la monnezza siete voi”. Insomma, per l’occasione è stato dato lustro a tutto il più bieco arsenale dei luoghi comuni razzisti contro i napoletani sommato al disprezzo borghese verso i proletari che “non sanno stare al loro posto”.

Va aggiunto che Roccaraso è un grande comprensorio sciistico, predisposto per accoglier nelle giornate di maggior afflusso fino a 30.000 turisti. Non è un quindi un luogo incontaminato e sperduto, bensì una località destinata dall’industria turistica al turismo di massa. Si tratta della meta abituale per gli sciatori del centro sud Italia, e visto che dista solo 140 km da Napoli, i napoletani a Roccaraso ci sono sempre andati.

Si potrebbe quindi derubricare questa vicenda come una giornata di turismo più caotica e folkloristica del solito, in cui una serie di coincidenze ha prodotto la tempesta perfetta, tutto in seguito ingigantito da una becera narrazione mediatica.

Ma, al di la dell’episodio di costume italiano, il fatto appare significativo in quanto illustra la crescente tendenza alla privatizzazione degli spazi e mostra come nel vivere quotidiano si afferma la sempre più invasiva società del controllo.

Se viaggiare, visitare e conoscere è da sempre parte dell’esperienza umana ed un piacere della vita, l’industria del turismo interviene su questi bisogni mercificandoli attraverso pratiche di condizionamento, di omologazione, di concentrazione, di selezione e conseguentemente di esclusione.

Amene località, bellezze naturali, città d’arte, destinazioni esotiche, sono trasformati in prodotti verso cui l’industria del turismo indirizza il flusso di consumatori. Quando l’afflusso diventa eccessivo, al punto da compromettere la fruibilità dei luoghi e conseguentemente i profitti, va predisposto un dispositivo di selezione al fine di favorire i clienti più facoltosi e disincentivare i meno abbienti. A questo scopo predispongono divieti e limiti che spesso si fondano su pretestuose motivazioni di carattere ecologico o di sicurezza, ma in sostanza l’obbiettivo è fermare i barbari invasori che viaggiano sui torpedoni, si mangiano il panino portato da casa, cagano, pisciano e gettano cartacce senza lasciare quattrini perché “i turisti – quelli veri, cioè con il portafoglio gonfio – hanno paura e non vengono”. Così, tanto per fare qualche esempio, una famiglia che va in gita a Venezia dalla vicina pianura padana sgancia 10 euro a testa di “contributo di ingresso” – che fa la differenza – mentre un ricco che soggiorna in hotel di lusso non paga nulla. Cosi, mentre chi arriva a Roccaraso in autobus viene trattato quasi come un clandestino sbarcato abusivamente, non ci sono controlli e divieti per chi va a sciare con il suo inquinantissimo SUV.

Dispositivi di discriminazione economica sono applicati in qualsiasi attività commerciale, se non hai i soldi non puoi permetterti vestiti di marca, auto di lusso e ristoranti stellati – anche per questo motivo vogliamo distruggere questa società e prenderci la merce. Ma quando questi criteri di selezione ed esclusione vengono applicati ad un luogo pubblico, ad esempio una montagna, una bella città, una spiaggia, siamo di fronte alla privatizzazione dello spazio, qualcosa viene sottratto a tutti per renderlo accessibile solo ad alcuni, in sostanza ci viene rubato dai ricchi.

La privatizzazione dei luoghi turistici, anche se può apparire un fenomeno meno grave di altri, non va distinto da una più generale gestione dello spazio che assume un carattere sempre più classista e poliziesco. Contributi di accesso o numero chiuso sono tasselli di un sistema di controllo più complesso che comprende molteplici dispositivi: dalle zone a vigilanza rafforzata, al daspo urbano, dalle ZTL ai progetti della città dei 15 minuti, all’imperversare delle telecamere in ogni dove.

Il tutto mira a costruire una società in cui inclusi ed esclusi sono divisi da molteplici barriere. Quella società in cui la convivenza tra le classi non è più sostenibile a causa di un divario economico incolmabile che è stata rappresentata nel film “La zona”.

Ai tempi del drill baby drill, mentre il capitalismo sta terminando di spremere il pianeta come un limone, mentre riduce città e regioni in lande funeree e inabitabili i residui spazi meno contaminati acquisiscono valore in proporzione alla loro limitatezza: non sembra che i ricchi vogliano condividerli con i poveri, i quali vanno convinti a trasferirsi volontariamente verso altri lidi. Siamo certi che, mentre il mondo va a pezzi, i ricchi non rinunceranno a nulla in nome del bene comune, né alla loro aria condizionata, né alle loro villeggiature. La montagna viene quindi colonizzata e distrutta da grandi opere come quelle per le olimpiadi, non certo dalla gite dei napoletani.

Se vogliono rinchiuderci nei ghetti di questa società del controllo e dei varchi diventa terreno di lotta riprenderci lo spazio che ci viene sottratto.

Per questo ci è piaciuta l’iniziativa comunista dei tiktoker napoletani, che hanno portato la gente dei quartieri a vedere la neve per 20/30 euro (panino incluso). I retroscena non li conosciamo né li vogliamo sapere, da quel che abbiamo visto non possiamo che far loro tanto di cappello.

Quelli con la puzza sotto il naso, che possono permettersi la benzina, l’autostrada, il ristorante, lo sky pass, l’attrezzatura sportiva, l’albergo o il costo della seconda casa hanno dovuto dividere le piste con i bob dei tamarri, d’altronde i barbari sono barbari perché hanno la cattiva abitudine di non fare mai quello che i civilizzati vorrebbero fargli fare: per questo fanno paura.

Juan Carrito