Torino, dal 1° al 3 novembre: Corteo e 3 giorni di mobilitazione e discussione contro i CPR e il razzismo

Riceviamo e diffondiamo:

PER UNA CHIAMATA DI DISCUSSIONE E MOBILITAZIONE NAZIONALE

CONTRO I MILLE VOLTI DEL RAZZISMO DI STATO

TORINO / 1, 2 e 3 Novembre 2024

Se primavera ed estate 2024 sono state scandite dal calore di proteste,
scioperi, rivolte ed evasioni – soprattutto dentro le galere di in ogni
parte del paese – non si può dire che la controparte non stia, di pari
passo, affilando la sua lama, puntandola spietatamente contro poverx,
migranti e ribelli nonché chiunque porta solidarietà e prova a opporsi e
resistere. Gli strumenti legislativi a disposizione delle procure si
stanno, infatti, rimpolpando di disegni e decreti legge criminogeni che
mirano ad ampliare il ventaglio dei reati, intensificarne le pene e
abbassare la soglia di punibilità.

Il ddl 1660, in corso di approvazione, rispecchia molto bene la realtà
in cui ci vogliono costringere a vivere. Difatti, in maniera molto
dettagliata e puntuale, va a colpire tutti gli ambiti dove negli ultimi
anni sono state portate avanti le proteste e le lotte più incisive che
hanno attraversato il paese, dai luoghi di detenzione (carcere e CPR)
alle mobilitazioni contro il disastro climatico.

D’altronde non servirebbe uno degli ultimi omicidi – in ordine
temporale, e tra i più noti, che da decenni accadono nelle campagne
italiane – di Satnam Singh a ricordarci che la linea del colore e
l’oppressione di classe segnano indelebilmente il destino all’interno
delle dinamiche di sfruttamento della forza lavoro. O l’assassinio di
Oussama Darkaoui nel CPR di Palazzo San Gervasio a ribadire, ancora una
volta, come le galere amministrative assolvano quotidianamente a uno dei
loro compiti principali: terrorizzare i/le liberx senza documenti
europei – resx clandestinx dalle leggi – affinché non osino lottare,
autodeterminarsi ed esistere fuori dagli schemi della paura e del
dominio.

Eppure, questa calda estate ci ha dimostrato che davanti alla brutale
ingiustizia e violenza agita dallo Stato, non è solo la paura a dominare
gli animi. Da Nord a Sud le proteste hanno scaldato i centri di
detenzione – sia penale che amministrativi, ad ogni latitudine e per
mano di ogni età. Fuori da quelle mura, solidali e complici han cercato
le proprie strade per mostrare supporto, tessere legami, far circolare
le notizie, rendersi tasselli di comunicazione, affiancando chi ha
deciso di parlare per sé attraverso rivolte e proteste.

Sappiamo che il capitalismo differenziale – tanto più se in crisi
economica e in un panorama bellico – ha sempre più bisogno di allargare
le maglie quantitative del contenimento, irregimentare i metodi di
tortura con il fine – neanche tanto sottinteso – di terrorizzare su
larga scala e contenere coloro che si ribellano. Guerra, violenza,
repressione, sorveglianza e incarcerazione, costituiscono gli strumenti
necropolitici per antonomasia che si ripercuotono materialmente sui
corpi provocando morte e sofferenza. Spezzano i legami ma, allo stesso
tempo, producono nuove relazioni sociali, nuove grammatiche del potere,
iscrivendole all’interno di un’economia politica imperniata sulla
gerarchizzazione dell’umano.

La necropolitica, provando a interpretare i presenti sconvolgimenti
globali, non è tuttavia semplicemente un processo bensì un vero e
proprio paradigma. Il conflitto bellico tra l’Ucraina e la Federazione
Russa e il genocidio in atto da parte dello stato sionista nei confronti
della popolazione palestinese, sono – all’interno di questo quadro –
potenti esempi di come agisce tale macchina.

Alle nostre latitudini i venti di guerra soffiano in molteplici
direzioni; ne sono un esempio, da un lato, gli investimenti massicci nel
settore bellico da parte del governo Meloni, dall’altro la stesura di
decreti sicurezza, creati ad hoc, in cui vengono categorizzati sempre
più nuovi nemici interni, evocando incessantemente una supposta minaccia
incombente sulla stabilità del sistema economico e sociale.

Non limitandoci a osservare il fenomeno della guerra, come mera
espressione dei/delle governanti di turno o di contingenti necessità
geopolitiche, ci preme piuttosto leggere il presente bellico come parte
integrante del capitalismo, e nella fattispecie di quello neoliberale,
grimaldello della paura e della retorica massmediatica: base discorsiva
per l’assestarsi o l’accelerare di alcune modificazioni del presente.
Fondamentale, in merito ai discorsi oggetto di questa chiamata,
l’intensificarsi di una retorica potente sul nemico interno delineato,
non solo in chi lotta o dissente, ma soprattutto in colui che si trova
ai margini del privilegio di classe e razza. A tal proposito, il
razzismo sistemico e sistematico, l’islamofobia, la clandestinizzazione
forzata delle persone in viaggio senza documenti europei, la brutalità
delle frontiere e le morti in galere e CPR, sono parte del complesso set
di strumenti torturatori che il potere si dà per tenere sotto scacco una
vasta quantità di popolazione. Ne consegue un’architettura lineare che
oggi sfrutta sul lavoro, domani capitalizza nei centri di detenzione e –
magari – in un futuro guerreggiato neanche troppo lontano, ricatta per
comporre le fila di una possibile legione straniera.

Delineare la geografia del razzismo sistemico e sistematico diventa lo
strumento analitico fondamentale per trovarsi, tra complici e solidali,
riconoscersi e identificare i punti di attacco. A seguito
dell’importante chiamata promossa dalla Rete Campagne in Lotta
(https://campagneinlotta.org/violenze-e-morte-alle-frontiere-razzismo-quotidiano-segregazione-rispondiamo-a-tutto-questo/)
ad Aprile a Roma, proponiamo un seguito di quel momento di confronto a
Torino, per l’1/2/3 Novembre 2024.

Occasione preziosa per lanciare anche un’iniziativa pubblica contro la
riapertura del CPR di Torino, chiuso per la prima volta nel Marzo 2023
grazie a tre settimane di coraggiose rivolte, che han permesso al fuoco
di distruggere, totalmente, una galera per persone senza documenti
europei attiva da 25 anni.

Un anno e mezzo fa, all’incirca, il CPR di Corso Brunelleschi veniva
distrutto dalla rabbia dei reclusi, rendendo materialmente più fragile
un tassello della macchina delle espulsioni nostrane. Da quelle calde
giornate invernali di fuoco, numerose sono state le rivolte, le evasioni
e gli scontri contro la polizia, che hanno caratterizzato la
quotidianità all’interno dei lager di Stato italiani. La violenza agita
dalla detenzione amministrativa va inserita in un quadro ampio e
complesso che conduce a uno sguardo sulla macchina delle espulsioni e ai
CPR, come la punta visibile di un iceberg, in cui si annodano più strati
e substrati di violenza e razzismo sistemico.

Se, infatti, il razzismo è un concetto solido – tangibile nella sua
produzione di conseguenze materiali – urge produrre un discorso
intellegibile che, con puntualità, renda esplicita la geografia
dell’oppressione, lungo la linea del colore e della classe.

Estrapolare la lotta contro i CPR, da un discorso unicamente
antidetentivo, ci consente di rendere esplicito il ruolo che queste
prigioni hanno nel fungere anche, e non solo, da monito ai liberi e
rafforzare così il ricatto del permesso di soggiorno. Lottare contro le
galere amministrative, assume così, un significato nel porsi a fianco
dei migranti, lavoratori e non, che chiedono documenti, casa e tutele
per tuttx. In questo panorama, attaccare la forma tangibile di una
frontiera vuol dire porsi al fianco di chi è rimbalzato, tramite
dispositivi e leggi europee, tra l’essere l’oggetto di scambio tra
Stati, merce di profitto per privati, strumento di pressione mediatica
per fini nazionalistici e/o manodopera a basso costo.

Sentiamo sempre più urgente, prioritario e impellente incontrarci e
organizzarci per analizzare il reale mortifero in cui viviamo, trovarci
tra complici e tessere le reti di alleanze possibili con il fine di
trovare i punti di attacco all’impianto razzista che scandisce la
quotidianità nel capitalismo di oggi.

Il coraggio dirompente del reclusi del CPR di Torino nel Febbraio 2023
non può rimanere silente, dimenticato e rifagocitato dalla macchina
razzista.

A tal proposito invitiamo compagnx, complici, solidali a venire a Torino
nei primi giorni di Novembre per tre giorni di discussione e
mobilitazione nazionale.

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PROGRAMMA GIORNATE
VENERDI 1 NOVEMBRE
ORE 16 CORTEO NEL QUARTIERE DI SAN PAOLO CONTRO LA RIAPERTURA DEL CPR DI
CORSO BRUNELLESCHI
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SABATO 2 NOVEMBRE
DALLE ORE 1O ASSEMBLEA PRESSO IL CSOA GABRIO, Via Francesco Millio 42
Torino
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DOMENICA 3 NOVEMBRE
DALLE ORE 10 ASSEMBLEA (solo la mattina)
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Per info e ospitalità scrivere a: antirazzistxpiemonte@autistici.org