RIPRENDE LA MOBILITAZIONE CONTRO LA LOGISTICA DI GUERRA. TORNIAMO IN STRADA.
Dall’assemblea “sabotiamo la guerra”:
Pdf scaricabile: volantino_25_giugno_sabotiamolaguerra
RIPRENDE LA MOBILITAZIONE CONTRO LA LOGISTICA DI GUERRA
TORNIAMO IN STRADA
Dopo i blocchi DEL PORTO DI GENOVA, del 10 novembre e del 23 febbraio, per fermare il massacro in Palestina e contro la guerra, contro i traffici di armi e per una solidarietà internazionalista con gli oppressi palestinesi
MARTEDI 25 GIUGNO H 6.00
GENOVA
VARCO SAN BENIGNO
FERMIAMO LA LOGISTICA DI GUERRA BLOCCHIAMO IL PORTO DI GENOVA
I porti sono snodi fondamentali della macchina bellica, in Italia quello di Genova è al centro degli interessi economici di quei settori padronali (israeliani, sauditi, europei) che lucrano sulle guerre. La logistica è un settore economico indispensabile per rendere possibile la guerra: bloccare un varco portuale, un corridoio ferroviario, la costruzione di un ponte significa interrompere la continuità di una società mortifera. Aprire una crepa per arrivare a bloccare tutto.
A Genova transitano le navi delle compagnie ZIM e BAHRI. La ZIM è la compagnia marittima, della più grande holding israeliana, la Israel Corporation, e trasporta armi per Israele subendo il boicottaggio in molti porti nel mondo. La BAHRI LINE è una compagnia di navigazione Saudita, che trasporta armi utilizzate anche nella guerra dello Yemen. In seguito alle mobilitazioni e ai picchetti, a Genova, non si sono caricate armi fra il 2019 e il 2023 sulle navi della Bahri, nonostante abbiano continuato a transitare e attraccare al “Genoa Metal Terminal”.
Sempre in Liguria opera anche la MAERSK, con una piattaforma “dedicata” al Vado Gateway, di Vado Ligure. La MAERSK, la più grande compagnia marittima al mondo, danese, è coinvolta nel traffico d’armi made in Italy prodotte dall’azienda LEONARDO. Le armi che i suoi container trasportano sono utilizzate da Israele contro il popolo palestinese. La MSC, principale competitor della MAERSK, presente anch’essa in questa regione, trasporta su alcune delle sue navi, tecnologia militare. Un blocco effettuato recentemente dai portuali greci ha impedito l’attracco, ad Atene, della nave MSC Altair, carica di armi verso Israele, e diretta al porto italiano di Gioia Tauro.
In seguito al blocco navale attuato dalle forze Yemenite Houthi nel mar Rosso, le navi degli Stati che collaborano al genocidio del popolo palestinese, hanno dovuto modificare le rotte commerciali con un ingente aumento dei costi ed una diminuzione del quantitativo di merci scambiate. Il notevole danno economico non è però pagato da compagnie come MAERSK, che anzi hanno aumentato i loro profitti.
Nel circuito mondiale della logistica la connessione tra trasporti civili e militari è tale da rendere indistinguibili questi settori. La mobilità militare rappresenta uno degli architravi della politica estera e di sicurezza comune dell’Unione Europea, conseguentemente tutti i corridoi di comunicazione europei sono progettati assecondando esigenze militari della Nato e sono funzionali alla guerra. Military Mobility, programma della Nato e Unione Europea lanciato nel 2018, ha lo scopo di incrementare la velocità e la capacità di spostamento delle forze armate Europee attivabili in caso di conflitto. La Liguria è coinvolta in questo programma con il collegamento ferroviario Genova-San Pier d’Arena fuori muro, il porto di La Spezia e il tronco autostradale dell’A7 Milano-Genova.
Inoltre la collaborazione tra LEONARDO e RFI prevede una mobilità militare per il trasporto di materiale sulla rete ferroviaria che avverrà in condizioni ordinarie e straordinarie e che utilizzerà infrastrutture dual-use, cioè i binari e gli impianti del normale traffico passeggeri e merci. Il controllo e la supervisione di questi traffici sono gestiti da Leonardo attraverso tecniche avanzate di AI e il super computer Da Vinci 2 che si trova anch’esso a Genova.
La complessità del settore logistico, la sua estensione e l’intreccio di interessi che lo contraddistingue ci portano a considerare che il fine del blocco non è tanto fermare una singola nave quanto fare pagare un prezzo per la collaborazione al funzionamento della macchina bellica. Se i tentacoli della logistica di guerra si estendono e si mimetizzano sul territorio ogni giorno ed ogni luogo sono utili per colpirla.
Di fronte alla catastrofe totale di una guerra sempre più estesa è necessario utilizzare tutti gli strumenti disponibili nella cassetta degli attrezzi degli sfruttati. Se il singolo blocco produce un danno immediato a dei padroni è solo estendendo il blocco all’intera produzione e circolazione delle merci e all’ordinato funzionamento dell’organizzazione sociale che si può pensare di sabotare la guerra.
Sostenere la causa degli oppressi palestinesi, attraverso l’attacco contro lo Stato di Israele e i suoi padrini, che sono anche i nostri diretti oppressori, spezzare le collaborazioni tra il nostro stato e i massacratori del popolo Palestinese ci pare non un contributo, ma un antidoto all’allargamento del conflitto. Israele ha il potere di fare quello che fa perché è la testa di ponte del blocco capitalista occidentale in Asia Occidentale. Per questo una mobilitazione all’interno dei paesi occidentali, che arrivi a mettere in crisi il normale funzionamento della macchina capitalista e raggiunga i caratteri della sollevazione può seriamente contribuire a fermare la guerra ed il genocidio.
Una mobilitazione contro la guerra che tenga insieme le lotte operaie portate avanti da portuali, ferrovieri, macchinisti e addetti al settore cargo e che paralizzi l’infrastruttura logistica della macchina bellica. Uno sciopero che a partire dalle condizioni di sfruttamento attuate nella riorganizzazione di una economia di guerra diventi quello sciopero generale in grado di mettere realmente in discussione l’ordine delle cose.
In questo senso, la salvezza degli oppressi palestinesi fa tutt’uno con la nostra. Con quella di tutti gli esclusi macinati ogni giorno nella giostra del profitto, con quella delle persone che dimostrano la totale sfiducia nelle istituzioni, e che hanno di fronte la concreta possibilità dell’azione diretta. Lo Stato italiano sostiene il genocidio del popolo palestinese e la guerra in Ucraina, dove si superano costantemente linee rosse verso l’apocalisse nucleare. A noi fa pagare i costi della guerra: il dominio ha bisogno di ristrutturare l’intera società per prepararla a questa catastrofe, ciò significa aumento dello sfruttamento, del controllo, della repressione.
Opponiamoci a tutto questo, sottraendoci alla mobilitazione militare e alla mobilitazione delle coscienze, alla militarizzazione delle nostre vite, della società, dei territori in cui viviamo. Alla propaganda bellica opponiamo la solidarietà internazionale: i soldati dall’altro lato della trincea sono nostri fratelli! Alla propaganda bellica opponiamo la solidarietà internazionale: i soldati dall’altro lato della trincea sono nostri fratelli!
Il nemico è in casa nostra, siede nei palazzi dei ministeri, nei consigli d’amministrazione delle multinazionali, grida ordini da dentro le caserme. Contro di loro bisogna combattere. Trasformiamo la guerra dei padroni in guerra contro i padroni! Blocchiamo la logistica di guerra qui ed ora!
Assemblea sabotiamo la guerra