La falsa parola degli assassini di Stato
Se già con l’Emergenza Covid-19 e la successiva propaganda di guerra – con in mezzo la nomina di un generale della NATO per organizzare misure di «salute pubblica» – abbiamo assistito al più plateale divorzio tra la parola di Stato e la realtà, nei telegiornali di ieri sera, 30 gennaio, si è raggiunto, sul caso di Alfredo Cospito, un vero e proprio Himalaya d’infamia e di falsità.
Abbiamo sentito, nell’ordine, un procuratore parlare di saldatura tra movimento anarchico e Cosa Nostra per l’abolizione del 41 bis (la stessa tesi, sbandierata dai media e poi ufficialmente smentita persino da una Relazione del DAP, sostenuta a suo tempo sulla presunta «comune regìa esterna» delle rivolte scoppiate nelle carcere italiane nel marzo del 2020). L’imbecille che intervistava il procuratore ha aggiunto di suo che l’abolizione del 41 bis farebbe uscire dal carcere tutti i condannati all’ergastolo ostativo; non sapendo nemmeno, il mentecatto, che ci sono prigionieri in 41 bis senza condanne all’ergastolo, così come dei detenuti condannati al «fine pena mai» che non si trovano in 41 bis. Subito dopo un altro giornalista – che ha capito in fretta il copione che il governo ha deciso di recitare – ha parlato di «attentato al cuore dello Stato» a proposito delle azioni in solidarietà con Alfredo. Avanza davvero veloce il paradigma cibernetico, se il «cuore» del «più freddo dei freddi mostri» è fatto di auto e di ripetitori della telefonia mobile… Si tratta della stessa tesi, tra l’altro, avanzata da Federico Cafiero de Raho, all’epoca capo della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo e oggi deputato del Movimento 5 Stelle, durante la conferenza stampa del 2019 seguìta agli arresti dell’operazione «Renata»: chi sabota i ponti radiotelevisivi attenta alla democrazia in quanto tale. Ma il copione viene recitato per intero dalle dichiarazioni dei vari rappresentanti del governo e dalla Meloni: «lo Stato non cede ai ricatti né alle intimidazioni», «il governo non tratta con i violenti», «contro il terrorismo ci vuole la linea della fermezza» ecc. Il riferimento, per niente velato, è al sequestro Moro (e alla «fermezza» statale di non liberare nessun prigioniero rivoluzionario in cambio della vita dello statista). Quella vicenda è insieme una storia innominabile – un gruppo di operai che va a prendersi il capo del partito al potere… –, un fantasma che continua ad aleggiare nella coscienza della classe dominante, e un babau per giustificare ogni attacco liberticida e ogni nefandezza di Stato, tortura compresa. Ma qui non è all’opera solo la falsa parola del governo e dei suoi valletti, bensì un rovesciamento puro e semplice della realtà. È lo Stato – non il movimento anarchico – ad avere in mano un ostaggio, sepolto in una tomba per vivi a monito per tutti gli altri. È lo Stato che terrorizza e ricatta: «moderate il conflitto, o potrete finire lì anche voi». Ed è Alfredo, non lo Stato, a rifiutare trattative o negoziati di sorta. Con la sua estrema determinazione rivendica l’abolizione degli abomini del 41 bis e dell’ergastolo ostativo. In cambio di cosa? Di niente. Con questo solidarizzano migliaia di persone. Per questo compagne e compagni in Italia e nel resto del mondo mettono in gioco il loro amore, il loro spirito, il loro coraggio. È il movimento ad affermare che sulla solidarietà non si tratta.
Non sappiamo se il riferimento del ministro Nordio alle prossime decisioni della magistratura sulla revoca o meno del 41 bis ad Alfredo siano un modo per salvare capra e cavoli – «autonomia» della magistratura e «fermezza» del governo. Oppure se lo Stato ha già deciso – avendo torto marcio secondo le sue stesse leggi – di accollarsi la morte di un compagno in carcere.
È lo Stato che, in tal mondo, creerebbe un «martire». Non certo noi, che vogliamo Alfredo vivo e fuori dal 41 bis.
Sareste, oltre che feroci, anche stupidi, signori e signore del governo. Non siete riusciti ad isolare un compagno nemmeno seppellendolo sotto diversi metri di cemento. Per voi tutto ha un prezzo, tutto è oggetto di compravendita (oh se le avete fatte e le fate le trattative con Cosa Nostra, altro che «fermezza»!), tutto segue precise gerarchie e catene di comando.
Ma le compagne e i compagni non hanno bisogno di direttive né di istigatori né di pizzini.
Trovano tutto quello che serve loro per pensare e per agire in qualcosa che non si può imprigionare: l’anarchia.
Fuori Alfredo dal 41 bis!