Operazione “Sibilla” e 41 bis ad Alfredo Cospito: presa di posizione di alcuni indagati
Riceviamo e diffondiamo:
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Inchiesta Sibilla e 41bis all’anarchico Alfredo Cospito: presa di posizione di alcuni indagati
Sono uscite in questi giorni le motivazioni della Cassazione inerente la custodia cautelare dell’operazione Sibilla. Ricordiamo brevemente i fatti. Nel settembre 2021, a seguito di anni di indagini condotte dai comandi del Raggruppamento Operativo Speciale dei carabinieri di Milano e Perugia, veniva richiesto dalla procura perugina l’arresto di sette compagni e di una compagna. Quest’ordinanza veniva in parte respinta e ridimensionata dal giudice per le indagini preliminari. L’11 novembre venivano così effettuate dal ROS dei carabinieri decine di perquisizioni, notificata l’indagine Sibilla riguardante una quindicina di anarchici e anarchiche, imposte sei misure cautelari in relazione all’accusa di istigazione a delinquere con l’aggravante della finalità di terrorismo: un mandato d’arresto in carcere per Alfredo Cospito (all’epoca già recluso nel carcere di Terni); gli arresti domiciliari con tutte le restrizioni per un anarchico di Spoleto; infine, l’obbligo di dimora nel comune di residenza congiunto all’obbligo di firma tre giorni a settimana per quattro compagni. Il giorno stesso dell’operazione venivano oscurati anche due siti internet, roundrobin.info e malacoda.noblogs.org. Durante le perquisizioni venivano sequestrate tutte le copie rinvenute del giornale anarchico “Vetriolo” e dei libri Quale internazionale? e Mio caro padrone domani ti sparo editi dalle Edizioni Monte Bove.
Solo cinque settimane dopo, il tribunale del riesame di Perugia revocava l’ordinanza di arresto, cestinando sostanzialmente l’inchiesta. Contro questa sentenza faceva appello il pubblico ministero Manuela Comodi in Cassazione, ottenendo, contro lo stesso parere del Procuratore Generale, il ripristino dell’inchiesta. Con un certo ritardo sono pervenute le motivazioni di questa decisione. Purtroppo il dilungarci in tecnicismi è questa volta necessario per la comprensione dei salti acrobatici con cui la magistratura italiana cerca di tenere in piedi l’operazione Sibilla e con essa probabilmente l’infame decisione di rinchiudere il nostro compagno Alfredo Cospito in 41bis. La Cassazione ha ritenuto infatti che nella sentenza del tribunale della libertà di Perugia ci fosse un passaggio delle motivazioni nelle quali non veniva sufficientemente argomentata la posizione dell’accusa. Questo passaggio riguarda, guarda caso, proprio un articolo di Alfredo su “Vetriolo”, poi ripreso in Quale internazionale?. Pertanto la sentenza con la quale siamo stati scagionati viene annullata e si ordina un nuovo riesame per affrontare in maniera più esauriente il punto in questione. Si tratta dunque di una sentenza aperta che non esclude una nuova “assoluzione”, ma che si limita a chiedere che vengano più chiaramente delineati degli aspetti che giudica controversi.
Prendiamo la parola perché vogliamo smascherare la logica politica che sottende questa vicenda. Questa indagine ha un suo ruolo nel provvedimento di 41bis nei confronti del nostro compagno. Affermando che Alfredo “istigasse” dal carcere a commettere azioni rivoluzionarie, essa costituisce una buona ragione per sostenere la necessità di impedirgli ogni comunicazione con l’esterno. Ci prendiamo la responsabilità di denunciare con fermezza quanto a nostro avviso è accaduto. È evidente che la Cassazione abbia ricevuto delle adeguate sollecitazioni affinché l’operazione Sibilla venisse tenuta in vita, per quanto in terapia intensiva. Una decisione presa oltre le stesse richieste del Procuratore Generale, il ritardo nelle motivazioni, la capziosità delle stesse, tutto questo ci parla della necessità di mantenere in piedi, pur arrampicandosi sugli specchi, un’accusa specifica di istigazione nei confronti di Alfredo.
Il primo dicembre si terrà un’udienza per confermare o meno l’applicazione del 41bis nei confronti del nostro compagno per i prossimi quattro anni. Quel giorno i boia dello Stato potranno presentarsi in aula agitando anche questa accusa. Che sia chiaro, pubblicamente, quanto essa sia in realtà traballante (rinvio per difetto di motivazione della sentenza di annullamento su un singolo specifico articolo pubblicato su un giornale anarchico), ma che può diventare, insieme ad altri, un motivo in più per mantenere Alfredo in regime di annientamento e quindi di condannarlo a morte.
Alfredo, infatti, ha intrapreso una lotta molto dura che non lascia spazio alle acrobazie giudiziarie. Di fronte alla prospettiva di passare una vita intera in 41bis, ha preferito, con la coerenza e la determinazione di sempre, mettere in gioco la propria vita in uno sciopero della fame ad oltranza. Da un lato, i vostri bizantinismi coi quali disponete indagini e galera, dall’altro, la linearità, fiera e inequivocabile, dell’anarchismo. Così come i compagni e la compagna che hanno aderito allo sciopero della fame stanno dimostrando il senso più profondo della parola solidarietà. Nel nostro piccolo, anche noi ci mettiamo la faccia e vi promettiamo che non lasceremo sotto silenzio quanto state facendo.
Adriano, Federica, Francesco, Matteo, Michele, Paolo, Sara