Bolzano: Presidio antimilitarista contro la guerra e chi la arma (IVECO)
Mercoledì 20 aprile a Bolzano, nei pressi dello stabilimento di IVECO dv, un presidio antimilitarista ricorderà alla città le responsabilità che tale industria ha nel business legato alla guerra.
Se da un lato oltre un mese e mezzo di guerra in Ucraina ha già provocato una lunga serie di lutti, tragedie e devastazioni, dall’altro le aziende del complesso militare-industriale stanno festeggiando. L’annuncio del Governo tedesco di investire oltre 100 miliardi di euro nella corsa al riarmo ha fatto volare le azioni della Rheinmetall. In Italia, l’aumento della spesa militare da 25 a 38 miliardi di euro annui, garantirà nuovi enormi margini di guadagno ad aziende come Leonardo, Fincantieri e IVECO dv.
La lotta contro la guerra non può essere slegata dalla critica al sistema economico che la permette. L’industria bellica, di cui IVECO dv è parte integrante, fornisce mezzi militari agli Eserciti di numerosi eserciti impegnati in guerre di aggressione spesso mascherate con altri termini. Oltre alle forniture all’Esercito italiano, che ha utilizzato i mezzo blindati Iveco nei teatri di guerra mediorientali, negli ultimi 15 anni la stessa azienda ha fornito all’esercito tedesco circa 1.000 veicoli che sono già stati utilizzati in paesi come l’Afghanistan e il Mali.
Altri eserciti riforniti da Iveco sono quello degli Stati Uniti e quello russo, a cui nel 2014 furono consegnati 358 veicoli 4×4 Iveco LMV-M65 Rys (Lince). Mezzi che oggi sono usati nell’invasione dell’Ucraina.
L’industria bellica esiste in funzione della guerra e la guerra esiste anche in funzione degli interessi del complesso industriale-militare. Ricordare alla città che la guerra inizia anche qui è il minimo che possiamo fare.
Dopo due anni di gestione militare della pandemia con annessa “comunicazione di guerra”, ci troviamo di fronte alla mobilitazione –per il momento morale ed economica – per l’ennesima guerra preparata dagli Stati e dall’industria per accaparrarsi risorse (a partire da quelle necessarie per la “transizione energetica e digitale” come i minerali rari) ed estendere la propria influenza, e presentata come difesa dei diritti umani e del diritto internazionale. Questa volta però il confronto rischia di essere direttamente fra potenze nucleari, mentre si annuncia una corsa al riarmo da sostenere con nuovi “sacrifici”.
La nostra solidarietà con le popolazioni direttamente colpite e con i disertori e gli antimilitaristi di ogni parte non può che passare per la rottura del fronte interno italiano e occidentale e per il sabotaggio degli ingranaggi bellici più vicini a noi. Esempi di cosa si possa fare concretamente per togliere le basi materiali alla guerra ci arrivano da quei lavoratori che, in Grecia come in Italia, si sono rifiutati di trasportare armi dirette in Ucraina; ma ricordiamo anche le lotte che negli anni, dalla Sardegna al Trentino, hanno saputo individuare e attaccare i complici della guerra – e la repressione che le ha colpite.
In regione una delle realtà più direttamente implicate nell’industria bellica – insieme all’Università di Trento e ai suoi laboratori di ricerca – è l’Iveco Defence Vehicles di Bolzano. I blindati qui prodotti vengono impiegati dall’esercito russo in Ucraina come dagli eserciti Nato in Afghanistan, in Iraq e nell’infinita serie di “missioni di pace” (non solo in Russia la guerra non si può chiamare col suo nome) che hanno segnato gli ultimi decenni. Oggi più che mai questa fabbrica è una presenza che non dovrebbe passare inosservata, e che non dovrebbe essere lasciata lavorare in pace.