Note di speranza

Riceviamo e diffondiamo:

Note di speranza

In fondo non abbiamo nulla di cui disperare.

Ogni ulteriore passo del nemico verso la menzogna e il sopruso non fa che togliere un velo ancora alla sua maschera e gettare una luce sempre più nitida sulla verità.

La verità è che non è affatto vero che non siamo più in una democrazia, la verità è che proprio così è fatta la democrazia e si sta rivelando in maniera eclatante per quello che è, che è sempre stata: un totalitarismo soffice mascherato con belle parole.

La verità è che non è affatto vero che non siamo più in uno stato di diritto, la verità è che proprio così è fatto lo stato di diritto: il diritto non serve a tutelare i cittadini, come ci hanno raccontato, ma a fondare la legittimità dello stato. Lo stato è stato – di diritto, ovvero è stato grazie al diritto. Lo stato ha il diritto di fare le leggi e di governare i suoi sudditi perché è il diritto stesso a conferirglielo. In virtù di questo può in ogni momento cambiare le sue leggi, disattenderle, sospenderle, ignorarle o farle rispettare con la violenza di cui detiene, a ulteriore fondamento del suo potere, il monopolio esclusivo della sua legittimità.

La verità è che la “costituzione italiana” non ci può aiutare in alcun modo perché non è stata scritta per sostenere la nascita di un movimento di resistenza contro una dittatura ma per decretare la fine della resistenza e mettere a tacere le sue rivendicazioni nel momento stesso in cui i nuovi poteri costituiti stavano vendendo il paese agli Stati Uniti. L’unico articolo che forse avrebbe potuto ora venirci in aiuto, dopo essere stato discusso in assemblea costituente, non fu mai inserito nella costituzione; decretava il diritto dei cittadini di rivoltarsi contro lo stato in caso di violazione delle libertà e delle garanzie costituzionali. Al contrario, molti degli articoli costituzionali che sanciscono una libertà, ne prevedono poi la sua sospensione a norma di legge, introducendo di fatto uno stato di eccezione diffuso in tutto il testo costituzionale.

La verità è che non c’è nessuna normalità da rimpiangere, nessun diritto da rivendicare. La normalità era menzogna e aberrazione ed era pure noiosa. I diritti che si rivendicano sono quelli che vengono concessi o non concessi dal principe e hanno a che fare con la legge. I diritti che ci riguardano sono quelli naturali delle tribù o dei banditi (nel senso di chi è messo al bando), ovvero di chi, vivendo al di fuori della legge, trova nella sua forma di vita la propria legittimità.

La verità è che se per mantenere un lavoro si devono accettare trattamenti sanitari imposti contro la propria volontà, forse è tempo di abbandonare quel lavoro, o meglio, quell’impiego. Ci sono tanti modi di procurarsi da vivere se si è disposti a mettere in discussione la propria posizione nella società e, in ultima analisi, il proprio modo di vivere. Non è un caso se badanti, domestiche e portuali paiono essere più disposti a perdere il lavoro piuttosto che la dignità, rispetto a medici e docenti universitari che sembrano più interessati, salvo alcune eccezioni, a non perdere il proprio prestigio sociale e i propri privilegi economici.

La verità è che maggiore è il grado di istruzione di una persona, maggiore sembra essere, in virtù del suo impiego qualificato e specializzato, il suo grado di ricattabilità, dipendenza e complicità con il potere.

La verità è che la giusta lotta contro il lasciapassare verde rischia di rivelarsi una grande trappola. Per due ragioni: la prima perché nel momento in cui si trasforma in lotta per il diritto al lavoro si trasforma di fatto in una battaglia per la conservazione dell’esistente, ovvero, nella maggior parte dei casi, di lavori alienanti o che comunque contribuiscono in varie forme alle devastazioni prodotte dal sistema tecno-industriale; la seconda perché fornisce a un sistema democratico che ha superato il limite della sua credibilità, un significativo bacino di malcontento da poter riportare, con studiate operazioni di assorbimento mediatiche e partitiche, dentro l’alveo istituzionale. Ovvero è possibile che l’operazione lasciapassare verde, oltre ad avere come scopo principale l’introduzione di un passaporto sanitario digitale, venga anche usata surrettiziamente per rifare il trucco alla democrazia attraverso la costruzione o il rafforzamento di uno o più partiti che cercheranno di convogliare dentro le istituzioni l’enorme portata anarchica e destituente di questo momento.

La verità è che la cultura di sinistra è intrisa di scientismo: orfana di Dio, vi ha sostituito il Progresso, la Tecno-Scienza e la Medicina; alla promessa di Salvezza nei regni ultraterreni ha sostituito quella di Salute, o meglio, di Sopravvivenza a oltranza e a tutti i costi qui sulla terra.

La verità è che molti di quelli che credevamo compagni e compagne, compagni e compagne non lo sono affatto.

La verità è che non abbiamo bisogno dei campi di addestramento delle scuole di stato e delle università di stato per tramandare e costruire saperi e cultura.

La verità è che forse, per vivere bene e per essere libere non abbiamo poi nemmeno così tanto bisogno di ciò che viene chiamata cultura.

La verità è che non c’è salvezza nelle città, pronte peraltro a diventare smart. Anch’esse si sono rivelate per quello che sono: allevamenti intensivi di capitale umano, fabbriche di obbedienza, laboratori di sperimentazioni distopiche su umani digitalizzati.

La verità è che l’unica via d’uscita è nella terra, là dove l’aria non può essere negata, là dove si può, con le proprie mani, procurarsi il cibo, che è gioia e salute, e con le proprie giornate di semine e di sepolture, la bellezza e il senso.

La verità è che ciò che hanno chiamato Rete è una grande trappola e l’unico modo che abbiamo per contrastare l’avanzata della digitalizzazione del mondo e della vita è disconnettersi, sottrarsi al suo uso, in ultima istanza all’essere usati da lei. La lotta al 5G e al 6G, per quanto importante, non coglie a fondo il vero nemico, che non è l’ultima generazione della Rete, ma la Rete in quanto tale come cornice ideale e infrastruttura indispensabile per la realizzazione della società cibernetica.

La verità è che ci hanno incastrato col terrore della morte, forse connaturato, ma certamente acuito da almeno due secoli di sua separazione, tecnicizzazione, ospedalizzazione e rimozione. La medicina è cura e aiuto ma non può essere intesa come una guerra alla malattia e alla morte, perché noi siamo in fondo la nostra malattia e la nostra morte. E dichiarare guerra alla malattia e alla morte vorrebbe dire dichiarare guerra a noi stessi. Dobbiamo cercare di fare pace con le idee di malattia e di morte, e smettere di delegarle a esperti specializzati nella loro gestione: forse solo così saremo veramente libere.

Dunque in fondo non abbiamo nulla di cui disperare: tante maschere sono cadute, tante verità sono apparse.

Ci aspettano tempi difficili, è innegabile. I progetti del nemico sono oscuri e spaventosi.

Ma li affronteremo con la schiena diritta e le idee molto chiare, forse per la prima volta, su ciò che siamo, su ciò che non vogliamo.

Umani mortali e non cyborg.

Le mani nella terra e gli occhi al cielo.

Bianca Bonavita, ottobre 2021

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