Aprire il vortice. Un breve report commentato sulla piazza del 9 ottobre a Roma
Riceviamo e diffondiamo:
Aprire il vortice
Un breve report commentato sulla piazza del 9 ottobre a Roma
Un’assemblea di circa 70 persone decide di partecipare alla piazza contro il Green Pass del 9 ottobre. Vengono preparati due striscioni grandi.
Si sceglie proprio quella piazza e non, ad esempio, un’altra chiamata da giuristi e costituzionalisti. Questo perché li sarebbe stata presente, con tutte le sue contraddizioni, una parte del movimento reale che in questo momento lotta contro la ristrutturazione capitalista in corso. Si sapeva che ci sarebbero stati elementi delle formazioni fasciste organizzate, ma si era constatato che nelle precedenti piazze non fossero in molti e comunque percepiti come un corpo estraneo. Si è sottovalutata la portata di tale fenomeno. “Ma non dovevano essere una trentina di fasci isolati?” ci si chiede tra noi. L’ipotesi è che i fascisti, consapevoli del fatto che in altre piazze del paese loro agibilità fosse limitata, abbiano deciso di convergere su Roma, la piazza più affine a loro, in cui il movimento antagonista è stato finora assente (eccezion fatta per quelle poche persone in avanscoperta).
Tra le nostre fila c’è imbarazzo e disagio, ma decidiamo comunque di restare. Eravamo ben identificabili, oltra agli striscioni con volantini megafonate e capannelli di discussione. Non c’è stata alcuna ostilità nei nostri confronti.
Nella piazza gremita da oltre diecimila persone, un camion con l’amplificazione funge da palco per gli interventi: è stato portato da loro, primo segnale di una funzione avanguardista da parte dei camerati: legittimazione di sé attraverso il piano materiale.
Gli interventi non hanno mai assunto una matrice dichiaratamente fascista dal punto di vista ideologico. Convince chi urla più forte, ma nessun oratore sembra saper padroneggiare argomenti e retorica da comizio. “oggi non restiamo fermi”, “oggi ci prendiamo Roma”, “oggi facciamo la rivoluzione, oggi facciamo la Storia”. – Castellino presentato come “condottiero” con invito a “seguirlo” al termine del suo intervento (il meno applaudito, anche all’annuncio del suo nome l’entusiasmo è debole).
Il leader di FN culmina il suo intervento scandendo “oggi andiamo ad assediare la sede della CGIL”. Gli intenti sono dichiarati, la polizia lo sa. Tre (3) blindati si spostano dal Pincio in quella direzione. Parte il corteo in cui confluisce circa metà della piazza.
Intanto 15 (quindici) blindati accorrono a sigillare gli accessi al tridente Via Ripetta – Via del Corso – Via del Babuino, riproducendo nei minimi particolari la cartolina di partenza del 14 dicembre 2010. L’altra metà della piazza, infatti, non segue i fascisti dichiarati e vuole andare al Parlamento.
Nel frattempo i tre (3) blindati in piazzale Flaminio si spostano in direzione di Corso Italia (sede nazionale CGIL) solo dopo essere stati agevolmente circondati dalla folla e previa una breve negoziazione aprono la strada ad un corteo per Villa Borghese appunto verso Corso Italia.
Intanto in Piazza del Popolo tanta gente molto varia preme sui blindati della Finanza all’inizio di Via del Babuino.
La folla tenta di sfondare il blocco e aprirsi una via con lancio di oggetti, resiste a diverse manganellature fino al lancio di lacrimogeni. La gente che non partecipava alla prima linea degli scontri la ha comunque sostenuta e non ha indietreggiato.
Proliferano confusione e vari blocchi stradali tutt’intorno. Giunge voce che il corteo scortato per Villa Borghese sia tranquillamente giunto alla CGIL.
È chiaro che l’intento dei fascisti era citare gli assalti squadristi alle camere del lavoro negli anni 20.
La CGIL non può tuttavia essere paragonata in alcun modo alle camere del lavoro dell’epoca. Mentre quelle erano espressione della classe proletaria e per questo attaccate su commissione della borghesia, la CGIL attuale è espressione della classe dominante e ratifica l’agenda neoliberale con entusiasmo.
Il vero danno di questa azione ipermediatizzata è quello di far passare la CGIL come baluardo della sinistra antifascista e quindi da difendere.
Le persone raccolte intorno allo striscione “No green pass, no stato di emergenza, disertiamo la guerra del capitale” decidono di partire in corteo verso il Lungotevere. “Se andiamo lì si blocca tutta Roma, più cortei ci sono meglio è”.
Centinaia di persone seguono questo spezzone convinte dalla proposta, mosse dalla rabbia e per non finire lì la giornata. Molta gente infatti è venuta da fuori Roma e non vuole sprecare l’occasione di farsi sentire nelle strade della Capitale. Lo fa bloccando il traffico su una arteria centrale, per poi rientrare all’altezza dell’Ara Pacis sfilando nelle vie dello shopping di lusso del centro di solito off-limits. Il corteo si è diretto verso piazza del Popolo passando per Via del Corso con canti partigiani e slogan antiautoritari. Si rientra nella piazza grande, tra gli applausi della folla entusiasta di vedere un altro corteo confluire da dietro il blocco delle guardie. Si improvvisa una assemblea/comizio sotto l’obelisco.
Intanto tra S. Silvestro e S. Lorenzo in Lucina gli scontri si acuiscono e viene azionato un idrante: questi affrontamenti spontanei andranno avanti fino al calar della sera.
Alcuni compagni che c’erano