Morges (Svizzera): ennesimo omicidio razzista della polizia vodese
Morges: ennesimo omicidio razzista della polizia vodese
Fonte: renverse.co
Introduzione a cura di frecciaspezzata
Lunedì 30 agosto, un uomo nero, cittadino svizzero di 37 anni, è stato ucciso dalla polizia alla stazione di Morges, nel canton Vaud. Un’altra persona nera uccisa dalla polizia vodese, un’altro essere umano ucciso dal razzismo di Stato rossocrociato. Dopo le morti per mano di agenti di polizia di Hervé (2016), Lamine (2017), Mike (2018), per l’ennesima volta una persona nera viene uccisa dalle armi delle forze dell’ordine di un paese che nel resto del mondo ama spacciarsi come esempio di democrazia e di rispetto dei diritti umani, ma in cui nella realtà dei fatti il razzismo è sistemico.
Verso le 18.00 del 30 agosto, la polizia sembra sia intervenuta alla stazione di Morges a seguito di una segnalazione di un uomo in stato di agitazione. Un agente ha poi sparato a più riprese uccidendolo.
Il giornale di sinistra le Courrier ha ricevuto un video girato da una persona presente su un treno fermo alla stazione. Il video, che dura 4 minuti e 30 secondi, inizia dopo gli spari della polizia, quando l’uomo giace già a terra. Verso la fine del filmato, una persona che gli passa di fianco inizia a fare un massaggio cardiaco. “Sono rimasto scioccato, non potevo credere che passasse tutto questo tempo senza l’intevento dei poliziotti. Per me, era mancata assistenza a persona in pericolo”, racconta l’autore del video, Maxime Marmier, che ha voluto diffondere il video affinché cose del genere non si ripetano più.
Come al solito, la polizia, con la complicità dei media di regime, ha tentato di diffondere una versione censurata di ciò che è realmente accaduto. Ad esempio, in un primo momento attraverso un comunicato stampa la polizia ha affermato che fosse stato un agente a portare il primo soccorso alla vittima, mentre mercoledì primo settembre la RTS in una nota in calce ad un articolo, in seguito alla diffusione delle immagini video diffuse da le Courrier, ha dovuto rettificare l’informazione scrivendo che “contrariamente a quanto indicato dalla polizia in un primo momento, i primi gesti di rianimazione sono stati prodigati da un infermiere presente sul luogo e non dai poliziotti, e questo circa quattro minuti dopo l’ultimo sparo”.
Di seguito riportiamo un articolo scritto subito dopo l’accaduto e pubblicato sul sito di contro-informazione svizzero francese renverse.co.
La polizia uccide un uomo con 3 proiettili
Scrivo questo testo a caldo, due giorni dopo che la polizia ha ucciso una persona sul marciapiede di un binario della stazione di Morges. Lo scrivo per portare una posizione critica contro l’istituzione della polizia, in contrasto con il discorso dominante. Diffondete pure questo articolo.
Lunedì 30 agosto, verso le 18, un poliziotto ha sparato tre volte a un uomo di 37 anni. Secondo diversi resoconti diffusi dai media, i pendolari “preoccupati per il comportamento agitato dell’uomo” hanno chiamato la polizia e così facendo hanno sigillato la sua condanna a morte.
Cos’altro ci si può aspettare da una persona emotivamente e psicologicamente instabile se non una reazione aggressiva di fronte all’arrivo di quattro agenti di polizia.
Purtroppo, questo è uno scenario ricorrente di morte per mano della polizia. Una persona non gestisce bene le sue emozioni, è disturbata, agitata, minacciosa (tutti termini usati dai media per descrivere l’uomo morto a Morges). I testimoni hanno chiamato la polizia. “Due pattuglie si sono recate sulla scena per prendere contatto con l’individuo e prenderlo in carico”, dice il primo comunicato stampa rilasciato dalla polizia. Quindi prendere in carico? Solo che quando la polizia si avvicina alla persona agitata, questa diventa ancora più agitata. E cos’altro ci si può aspettare quando, come in questo caso, una persona emotivamente instabile viene affrontata da quattro agenti di polizia in uniforme? La polizia èpersona nota per la sua benevolenza? No. Per la sua delicatezza psicologica e la sua capacità di mediare e allentare la tensione? No, per niente. Più di questo, la polizia è nota per essere armata e minacciosa. Quante storie esistono in cui la polizia, con la sua sola presenza, ha aumentato la tensione e la violenza di una situazione di conflitto già esistente?
Cos’altro vi aspettereste da una persona emotivamente e psicologicamente instabile [1] se non una reazione aggressiva al confronto con quattro agenti di polizia? Niente, e la storia delle morti causate dalla polizia in tutta la Svizzera e nel mondo lo conferma tristemente. Solo che di fronte alla minaccia di una persona instabile, la polizia spara e uccide. Questo è ciò che significa “prendere in carica” nel linguaggio della polizia. Se una persona si comporta in modo instabile e minaccioso, per qualsiasi motivo [2], e finisce davanti alla polizia, merita di morire.
Due colpi, la persona si alza e barcolla verso la polizia. Una minaccia, tuttavia, ancora abbastanza grande per i quattro agenti di polizia presenti per sparare un terzo colpo che mette l’uomo a terra, ancora vivo ma morente pochi istanti dopo. Nella sua seconda dichiarazione, la polizia ha detto che l’uomo era armato con un coltello quando si è scagliato contro gli agenti. Due giornali hanno citato testimoni che hanno detto di averlo visto con una pietra in mano. Questa comunque non sarebbe la prima bugia della polizia in questo caso. Nella sua prima dichiarazione, la polizia ha affermato di aver dato immediatamente il primo soccorso alla persona ferita. Tuttavia, dopo che i testimoni hanno pubblicato un video che dimostra che solo dopo 5 minuti senza assistenza la persona ha ricevuto un massaggio cardiaco e che quest’ultimo non è stato eseguito dalla polizia ma da un infermiere che ha assistito alla scena ed è intervenuto. La seconda dichiarazione della polizia corregge questa bugia, ma non si sofferma su di essa.
Quest’uomo non sarebbe morto se la polizia non fosse intervenuta.
Ma anche se quest’uomo avesse avuto davvero un coltello o una pietra in mano, alla fine non importa, in entrambi i casi non sarebbe morto se la polizia non fosse intervenuta.
Una situazione simile a quella di Hervé Mandundu, assassinato da un poliziotto nel 2016 a Bex. La polizia, chiamata dai vicini preoccupati per lo stato di agitazione di Hervé, è andata sul posto e lo ha ucciso con tre proiettili. Il motivo: comportamento aggressivo e minacce con un … coltello da pane.
Una situazione simile a quella dell’uomo di 36 anni che è scappato da un istituto psichiatrico nel 2019 ed è stato individuato in strada dalla polizia a causa del suo stato di agitazione. La polizia lo ha fermato, la polizia si è sentita minacciata e ha sparato all’uomo diverse volte. Di nuovo, la dichiarazione della polizia menziona il trattamento immediato da parte degli agenti dopo lo sparo, che non salva la vittima.
Situazioni simili sono purtroppo molto comuni e hanno una certa logica. La polizia è un’istituzione repressiva e di controllo. In situazioni in cui le persone soffrono di disturbi emotivi, che richiedono empatia, pazienza e capacità di mediazione psicologica, la polizia risponde con ciò per cui è conosciuta: la violenza.
Ipocrisia e cinismo come ultima parola
Riguardo alla morte di lunedì, un ufficiale di polizia ha espresso queste parole nel giornale locale:
“I soccorritori hanno agito il più vicino possibile alla loro coscienza professionale secondo la situazione che si trovavano ad affrontare. Una situazione che nessun poliziotto vuole sperimentare, anche se porta un’arma”. Questo è un modo ipocrita e cinico di ritrarre la polizia come vittima al posto della persona uccisa per aver manifestato emozioni troppo forti nello spazio pubblico. Se non avessero voluto vivere questo tipo di situazione, sarebbero diventati educatori sociali, soccorritori o terapeuti.
Qui come altrove, la polizia è un problema e un pericolo per il resto della popolazione, non una soluzione.
I nostri pensieri vanno ai parenti della persona uccisa. La nostra rabbia, invece, va a tutti gli agenti di polizia del mondo.
P.S.
Martedì 31 agosto in serata, il giornale “Le Courrier” in un articolo riporta che la persona uccisa è una persona razzializzata. Questa informazione, che non avevo quando ho scritto questo articolo, permette di vedere questo dramma da una prospettiva supplementare: il razzismo che dimostra la facilità ancora più grande con la quale la polizia uccide, quando la persona che si trova davanti è razzializzata.
Ricordiamo Hervé Bondembe Mandundu, Mike Ben Peter et Lamin Fatty.
Fonti:
https://renverse.co/infos-locales/article/la-police-tue-a-morges-comme-ailleurs-3202
https://renverse.co/infos-locales/article/la-police-tue-les-medias-couvrent-3203