Mostra: Sette modi per dire che qualcosa non va.

Riceviamo e diffondiamo:

 

Mostra formato lettura:

Mostra7Modi_read

Mostra per la stampa in alta definizione:

MOstraA2_stampa_HI

Mostra in formato opuscolo:

Mostra_opuscolo a4_print

Testi:

SETTE MODI PER DIRE CHE QUALCOSA NON VA

anche se ce ne sarebbero molti altri ancora.

Questa piccola mostra composta da sette pannelli è soltanto un breve spunto per riflettere intorno a ciò che sta succedendo da più di un anno a questa parte. Ma si potrebbe anche dire che ciò che sta accadendo da più di un anno a questa parte è solo l’apice di ciò che sta succedendo da 10 anni a questa parte, o da 20 o dal dopoguerra in poi o forse da molto più tempo ancora, chissà.

Questo lavoro vorrebbe più che altro far nascere domande, molte domande: ci stiamo o non ci stiamo? Accettiamo tutto o ci ribelliamo? E ribellarsi, in un’era di pensiero unico, è in primo luogo far sapere che abbiamo qualcosa da ridire, che abbiamo un nostro pensiero critico, insomma che non ci stiamo ad accettare tutto ciò che ci viene detto solo perché “è per il nostro bene”. Ma siamo solo all’inizio. Come ha detto il presidente Draghi, è iniziata l’era delle pandemie. Quindi sarà sempre più importante chiedersi: noi da che parte stiamo? Siamo per il mondo a distanza, digitale, transumano, del controllo totale o decidiamo di essere altro? Ma cosa di altro? Questa domanda non è più rimandabile.

Inizio Estate 2021

Piccoli gruppi in espansione che navigano verso orizzonti ancora da definire

 

EMERGENZA, MILITARIZZAZIONE E NAZIONALISMO, la nuova, ma non troppo, trinità.

Qualcuno recentemente ha detto: “oggigiorno chi può permettersi di dichiarare lo stato di emergenza è colui che può controllare e comandare il mondo”.

Difficile non essere d’accordo vista la gestione dell’Emergenza COVID19. Ma pensare che tutto ciò sia una novità significa avere la memoria corta.

Dopo il terremoto de L’Aquila protezione civile e forze dell’ordine hanno lavorato duramente per impedire ogni forma di autonomia alle persone coinvolte. Le tendopoli erano blindate, l’alimentazione era controllata e non era ammesso cibo da fuori così come non erano ammessi estranei, fotografie e riprese video; chi rifiutava le disposizioni subiva il ricatto di non ricevere nessun tipo di aiuto o sussidio. Però si trattava di una situazione locale e in pochi hanno fatto caso a questi non banali dettagli. Più facile ricordarsi dell’Emergenza terrorismo dopo l’11 settembre 2001 e dell’enorme quantità di leggi che hanno ridotto libertà e riservatezza. Ma quante di quelle leggi “emergenziali” sono state ritirate finita l’Emergenza?

C’è da chiedersi dunque: cosa rimarrà delle restrizioni e delle disposizioni imposte oggi per fronteggiare l’emergenza sanitaria? Se mai finirà, ovviamente.

E dove c’è Emergenza ci sono militari, bandiere e inni nazionali e, anche qui, pensare che il nazionalismo sia una prerogativa delle destre significa avere la memoria corta, molto corta…

La guerra, ben si sa, sempre divide; vi sono i guerrafondai e gli antimilitaristi, e vi sono gli antimilitaristi che combatton la guerra quando è altrove e diventano interventisti quanto gli arriva a casa.

 

NO AL RICATTO VACCINALE

Disse un medico quattro anni or sono: “Se oggi vuoi essere sicuro di litigare con qualcuno, parla di vaccini”

Prima o poi doveva arrivare e non c’è da stupirsi, visti i tempi, che sia arrivato prima e non poi. Con buona pace di tutti i vari religiosi, a salvarci non sarà né un redentore, né un profeta, né un illuminato; non una vita semplice e umile, non la preghiera o la meditazione, bensì la tecnologia. Nella fattispecie vaccini, farmaci.

Poco importa che si tratti di una sperimentazione fatta sulla pelle di milioni di persone.

Poco importa se a essere sperimentate siano tecnologie che non avevano avuto fino ad ora il lasciapassare per l’utilizzo umano (e per ottenerlo sono state sospese due leggi europee in materia di OGM).

Poco importa se nell’ambiente scientifico stesso ci siano voci discordanti.

Poco importa insomma.

Considerato che fin dall’inizio dell’emergenza sanitaria sono state zittite anche voci autorevoli se non in linea con le direttive dei vari Stati su questioni come mascherine, lockdown, restrizioni, figuriamoci ora che i vaccini per il COVID sono arrivati.

Ma visto che l’obbligo non suona mai bello e, più che altro, potrebbe scontrarsi con i mille cavilli dello stato di diritto, meglio una via più funzionale e ben sperimentata: il ricatto.

Non ti vaccini? Non potrai lavorare in certi ambiti come sanità, scuola, assistenza, ecc…

Non ti vaccini? Non potrai viaggiare li o là, entrare in quel posto o in quell’altro.

Non ti vaccini? Insomma, devi vaccinarti. Questo è il messaggio.

È un ricatto al quale non si può sottostare.
Occorre reinventare le nostre vite e le nostre relazioni; trovare complici per questa nuova resistenza.

 

NO ALL’INQUISIZIONE, PER LA LIBERTÀ DI CURA.

Per uno strano meccanismo mentale, ma per niente sorprendente, parlare di salute oggi significa parlare di sanità pubblica. Quindi, quando si sta male, il fatto di poter guarire o meno dipende da quanto siamo privilegiati rispetto al ricevere le cure di medici e ospedali. E se parliamo di società il discorso finisce sempre su quelle povere persone che non hanno accesso alla sanità pubblica. Ma usciamo un po’ da questa logica vittimistica e spostiamo lo sguardo, lasciando da parte anche l’altro leitmotiv “siamo più in salute perché abbiamo un’aspettativa di vita maggiore”.

Chiediamoci: in un paese “avanzato e ricco” come l’Italia, dove, tutto sommato, la maggioranza della popolazione l’accesso alla sanità c’e l’ha, com’è il suo stato di salute?

Una risposta sincera sarebbe a dir poco sconcertante.

Il problema non sono certo le malattie acute come l’influenza, le malattie esantematiche, la polmonite, ecc. ma sono le malattie croniche ad essere le vere epidemie della nostra epoca, per causa delle quali, poi, una malattia acuta può diventare un problema mortale.

Malattie cardiovascolari, diabete, cancro e tutta la sfilza di malattie autoimmuni delle quali tanti oggi parlano più per eco mediatico che per cognizione di causa.

Quali sono le cause di questo disastro?

L’inquinamento, lo stress, il cibo spazzatura, mille altre cause, certo. Ma qual’è il ruolo della medicina moderna? Farmaci, vaccini, interventi sempre più invasivi e spesso sbagliati atti a far guerra a virus e batteri di ogni sorta. Tutto questo uso e abuso della medicina ha un ruolo nello stato di salute debilitante in cui versiamo oggigiorno? Ivan Illich negli anni ‘70 scrisse del fenomeno della iatrogenesi, cioè, problema causato dalla medicina.

In sostanza, l’uso sempre più massiccio di medicinali, la pratica della diagnosi permanente, le vaccinazioni sempre più frequenti e diffuse e molte altre pratiche mediche oggi in auge, renderanno l’umanità sempre più dipendente dalla tecnologia medica, con persone sempre più fragili, malate e alla mercé della sanità pubblica.

Non bisogna stupirsi dunque se esistono persone, benché una minoranza, che criticano ed evitano il più possibile moltissimi medicinali, che non vogliono essere vaccinate e che credono nei loro corpi e li rinforzano con scelte di vita attive. Quest’approccio ci permette di fortificarci come individui e come collettività facendoci adattare ai cambiamenti esterni, cosa chiamata resilienza, parola oggi usata spesso in maniera del tutto impropria e fuorviante.

Ma nel mondo alla rovescia, la frittata viene rigirata più e più volte: chi fa certe scelte diventa l’untore, l’irresponsabile, l’egoista che non pensa e mette a rischio i più fragili,ai quali, viene fatto credere, solo la Scienza può provvedere. Ciò nonostante anche alcune di queste persone “fragili” si sono rimboccate le maniche facendo scelte attive e autonome dai canali della medicina ufficiale e hanno migliorato la loro condizione di salute.

È attraverso questi meccanismi inquisitori, è attraverso questo ricatto morale che si sta costruendo la società del futuro.

Cercasi disertori per un mondo migliore.

 

RESPONSABILITÀ, MASCHERINE E GRANDI LAVATE DI MANI.

Nei tempi antichi, cioè prima di un anno fa, se si voleva chiamare in causa qualcuno e richiamarlo a prendersi delle responsabilità si poteva usare l’espressione: “guardami in faccia e dimmi la verità”.

Oggi, in un mondo dove la gente ha sempre il viso coperto da una mascherina e gli sguardi non si incrociano più, i giudizi sono molto più semplici: chi la indossa, la mascherina, è responsabile, chi non la indossa è irresponsabile. Facile come distinguere dei tifosi allo stadio dal colore delle loro sciarpe, perfetto, per rimanere in tema, per un mondo completamente nel pallone.

Quindi, paradosso dei paradossi:

una società che ignora i vecchi e dove nonni e nonne sono sbolognati sbrigativamente nelle case di riposo, agli atti le RSA; una società dove i più fragili vengono sistematicamente calpestati perché poco idonei e poco competitivi; una società totalmente irresponsabile nei confronti del pianeta in cui vive, si erge di colpo a difesa di vecchi, fragili e ambiente.

Non dubitare di questa feroce ipocrisia significa non avere più un cuore, un’anima e soprattutto un cervello.

Ma quindi la mascherina serve o non serve? Non è questo il punto.

Certo, si potrebbe argomentare su come obbligare bambini e bambine a indossare una mascherina per ore e ore sia un atto criminale. È pur vero che vedere persone in aperta campagna, da sole, che camminano indossando la mascherina può far pensare soltanto che il terrorismo funziona. Il punto centrale è un altro.

Ma se domani, all’improvviso, a parità di situazione sanitaria venisse levato l’obbligo della mascherina, quante persone vedremmo in giro che ancora la indossano? Era responsabilità quindi? O era solo obbedienza?

L’ennesima lavata di mani – con gel igienizzante, beninteso – dai veri problemi che ci affliggono.

Che siano le comunità e le persone a scegliere, in autonomia, che precauzioni prendere per la propria salute e per quella altrui. E scegliere non significhi solo in che modalità utilizzare le mascherine o altri dispositivi imposti dalle istituzioni.

 

IL DIGITALE AVANZA, L’AUTONOMIA SVANISCE

Diceva Orwell: “se vuoi un’immagine del futuro, immagina uno stivale che schiaccia una faccia umana – per sempre.”

Se è vero che questo sarà il futuro di molte persone che non si rassegneranno a un destino tecnocratico, è altresì vero che per tenerne a bada molte altre basterà uno smartphone, due noccioline e una serie TV. Questa triste verità si sta palesando ora più che mai in questo presente emergenziale fatto di reclusione domestica, telelavoro, didattica a distanza e shopping online (visto che i negozi normali sono troppo pericolosi). In più, avere uno smartphone a breve diventerà praticamente obbligatorio per via del solito meccanismo di ricatto. Se questo diventerà il mezzo privilegiato per fare acquisti, prendere l’autobus, mostrare i propri requisiti sanitari e così via, non averlo diventerà una vera e propria sfida alla società.

Ma nonostante il palesarsi di una dipendenza sempre più irreversibile dalla tecnologia, quando si discute sull’argomento risuona sempre il solito mantra: “ il problema non è la tecnologia in sé ma l’uso che se ne fa”. Possiamo immaginare questa conversazione in un futuro, magari neanche troppo lontano, tra due uomini macchina che svolgono come automi le loro mansioni senza più nessuna consapevolezza di ciò che fanno.

Oggi opporsi alla digitalizzazione forzata è diventato quantomai necessario se non vogliamo rassegnarci a:

• intere generazioni di bambini e adolescenti lobotomizzati che non vedono l’ora di chiudersi in casa a spararsi videogiochi online al posto che scorrazzare e giocare all’aria aperta;

• relazioni a distanza superficiali e aleatorie tenute insieme da sms e audio messaggi al posto di abbracci e strette di mano;

• controllo e dipendenza in ogni aspetto della nostra vita dal concepimento alla morte, con sempre più consigli, app, algoritmi ed esperti a distanza che ci appariranno senza che ne richiediamo presenza al sorgere di ogni nostro piccolo dubbio, paura e problema;

• impoverimento drastico delle capacità di pensiero ed espressione individuale; i nostri sentimenti e le nostre riflessioni saranno a misura di ciò che possiamo postare su youtube o facebook.

Bisogna trovare la forza di opporsi sia con scelte personali che a livello collettivo.

Si possono rifiutare tutte le nuove imposizioni digitali come lo smart working, la DAD, i pagamenti contacless, ogni app di tracciamento e magari cominciare quando possibile a lasciare a casa e fare a meno dello smartphone.

Ci sono poi le mobilitazioni contro il 5G che possono essere opportunità per unirsi ad altra gente per opporsi all’ennesimo scempio tecnologico. Discorso, quello sul 5G, già denigrato e banalizzato in quanto accostato alle più becere teorie complottiste, eppure sarà una tecnologia che cambierà il modo di pensare alla tecnologia. Avrà poi conseguenze sulla salute? Anche qui ci rassicurano; intanto stanno già alzando la soglia di sicurezza per le onde elettromagnetiche. Ma di poco… solo di 10 volte!

Bisogna pensare con la propria testa non con quella dei media e dei politici.

La digitalizzazione del mondo è il sogno di ogni regime totalitario: il controllo totale della popolazione, sempre più succube, sempre più dipendente, sempre più grata della carota e ormai completamente insensibile al bastone e ai lividi sulla propria schiena.

 

COME PER IL PANE QUOTIDIANO COSÌ PER LA MEDICINA, IL FUTURO SI CHIAMA: OGM

Se, almeno in Italia, le persone che si sono battute e che si battono tuttora per non permettere la diffusione di Organismi Geneticamente Modificati in agricoltura vengono rispettate e sostenute da una buona parte della popolazione, non si può dire che quelle che stanno criticando gli attuali vaccini anti-COVID in quanto OGM godano della stessa sorte. Negazionisti, complottisti, o anche semplicemente “i soliti esagerati”.

Si sentirà dire: “i vaccini però servono a salvare vite”. Bene, ricordiamoci che le sementi OGM non sono mai state pubblicizzate come brevetti per semi sterili che fanno fruttare alle multinazionali che li producono miliardi di euro, bensì come una soluzione alla fame nel mondo; insomma, per salvare vite!

Sebbene tutti i vaccini anti-COVID contengano cellule geneticamente modificate, quelli definiti a mRNA introducono qualcosa in più: un nuovo modo di concepire la medicina. Parlano di riprogrammare le nostre cellule per renderle capaci di fare una cosa piuttosto che un’altra. Peccato che non siamo macchine da programmare ma esseri viventi che da millenni adattano i propri corpi a malattie, cambiamenti climatici e ambientali senza bisogno dell’ingegneria genetica che come un dio plasmi e modelli i nostri geni.

Il DNA è mio e lo gestisco io, potremmo cominciare a gridare!

E che dire di chi ci vuole tranquillizzare su queste nuove terapie genetiche o geniche? Di quelli che minimizzano le conseguenze di una tecnologia mai sperimentata prima? Di quelli che tanto l’mRNA non torna indietro e non modifica il DNA?

Se pensiamo che le persone che promuovono questi vaccini fanno parte degli stessi gruppi di umani che in passato garantivano sulla sicurezza di cose come il nucleare, l’amianto, concimi chimici e pesticidi, onde elettromagnetiche di ogni sorta, ecc… beh… c’è da stare tranquilli!

E che dire infine dell’idea di un vaccino ogni sei mesi per garantirci salute e sicurezza?

Vogliono farci diventare come gli smartphone, macchine che necessitano di continui aggiornamenti.

Non siamo macchine, non siamo cavie da laboratorio.

Lo sviluppo dell’ingegneria genetica non serve per salvare vite ma per renderle schiave e alla mercé della farmacologia e della medicina moderna.

Diciamo BASTA, poniamo un limite prima che sia troppo tardi per reclamare anche solo un briciolo di autonomia nella gestione della nostra salute e della nostra vita.

 

CONTRO OGNI GUERRA. ANCHE QUELLA A VIRUS E BATTERI.

Il culto dell’igiene è sempre in stretta relazione con una sorta di fervore morale.
(Marshall McLuhan)

All’inizio fu la guerra al selvatico, pericoloso, sporco, dannato. Man mano siamo arrivati a una visione ottimale della vita ipercivilizzata come a una stanza dai colori neutri completamente sterile e senza finestre, impianto di ventilazione con aria filtrata e connessione superveloce per comunicazioni a distanza. Può sembrare un’immagine metaforica per descrivere le norme igieniche in tempi di emergenza sanitaria ma non pare molto distante dalla realtà. Ogni grande fede si basa su gesti ritualizzati; più sono ripetuti più grande è l’obbedienza al credo. Ma quella verso la Scienza, con la S maiuscola, è una fede senza spiritualità, non c’è più connessione tra le cose, solo informazioni. E le informazioni dicono: lavarsi le mani con gel igienizzante, non toccarsi, non respirare insieme (non co-spirare quindi), mascherina su naso e bocca e distanze… grandi distanze. E tutto questo per combattere il virus malefico, e il disegno più grande è la guerra, spietata, a virus e batteri in genere, perché sono loro che ci fanno ammalare, ci fanno morire. Chi non si ricorda il cartone di “esplorando il corpo umano”? Così ci hanno insegnato e noi da bravi soldatini siamo dalla parte dei poliziotti globuli bianchi, di antibiotici e igienizzanti.

Certo, non tutti i batteri sono cattivi, altrimenti in quella stanza sterile oltre che a essere soli e sole non avremo neanche pane, vino, birra, formaggi, aceto, yogurt e la lista potrebbe essere lunghissima. E poi ci sono i batteri buoni nell’intestino, quelli che ci permettono una vita sana e questi batteri sono anche sulla nostra pelle, ovunque. Ormai sono cose risapute.

Solo che le armi che usiamo per i virus e batteri “cattivi” uccidono anche gli altri, quelli “buoni”. Quindi che fare? In guerra si sa, si mette in previsione un gran numero di perdite. Ma le perdite in questo caso sono la perdita della nostra buona salute. E se non ci fossero buoni e cattivi? E se, come in tutto il resto, la vita dovesse essere semplicemente un sano equilibrio tra diversi esseri viventi e non? La morale igienica non è l’ennesimo tentativo di spostare lo sguardo da ciò che veramente sta uccidendo noi e il mondo in cui viviamo? Cosa vogliamo nascondere dietro alla nostra attuale condizione igienica? Chi si nasconde dietro la mascherina? Esseri impauriti e soli?

Un altro paradigma è possibile: una vita a contatto, di abbracci, baci, danze e scambi di sudore, condivisione di respiri, saperi e cure. Accettare di vivere e di morire da persone libere.