Il governo degli «investimenti»

Riceviamo e diffondiamo:

https://malacoda.noblogs.org/post/2021/06/22/il-governo-degli-investimenti/

Il governo degli «investimenti»

Scrivevamo ai primi di febbraio su questo blog che le manovre di Confindustria e Americani, Renzi, «Sole 24 Ore» e «Repubblica-degli-Agnelli» per disarcionare «Giuseppi» dopo anni di disonorevole servizio (si pensi, su tutte, alla macchia rosso sangue del massacro nelle carceri del marzo 2020) erano funzionali a quel governo di Unità Nazionale che, nell’orizzonte della restaurazione dell’ordine liberale mondiale, momentaneamente sospesa la guerra intestinale tra liberisti e sovranisti, avrebbe preparato «il nostro stermino»: sia come «individui refrattari» che come «classe pericolosa».

In particolare, concludevamo:

«Non possiamo farci trovare ancora una volta impreparati. Il progetto dei potenti è molto chiaro. Stanno suonando la carica. Cercano l’impatto violento contro le nostre carcasse e per questo hanno cambiato timoniere. Si devono rompere il muso».

Sembra che il momento dell’impatto sia arrivato. Un impatto che ci colpisce, appunto, come individui refrattari: si pensi alla pioggia di richieste di sorveglianza speciale che sta colpendo in maniera torrenziale il movimento anarchico. Non che la repressione contro di noi si sia mai fatta mancare, ma a differenza delle inchieste della magistratura, di ROS, Digos, Antimafia, insomma del Deep State della repressione nazionale, della cosiddetta «indipendenza» della magistratura dalla politica, quelle della sorveglianza speciale, essendo misure di polizia, sono sicuramente influenzate dai ministri in carica e dalla linea politica generale di un esecutivo di guerra.

Un impatto che ci colpisce, inoltre, dicevamo, come classe pericolosa. Le vicende di questi mesi sul fronte dalla logistica sono quanto mai inquietanti. Ne elenchiamo, a mo’ di suggestione, solo una piccolissima parte:

  • Il primo febbraio la celere di Piacenza carica un picchetto davanti alla TNT/Fedex. Il pretesto è che alle 22:00 c’è il coprifuoco e quindi non si può manifestare. Gli operai scacciano gli sbirri a sassate, il picchetto va avanti ad oltranza tanto che gli infami della CGIL locale organizzano pure delle manifestazioni davanti alla questura per chiedere di poter entrare a lavorare, dato che la parte violenta degli operai non glielo permetterebbe. Si espongono i vertici del sindacato di regime per affermare di aver parlato con la TNT/Fedex e di assicurare che il sito locale non sarebbe stato chiuso.

  • Infami che vengono presto accontentati: il 10 marzo scatta una operazione repressiva con trenta indagati, due arresti, cinque divieti di dimora, sei avvisi di revoca del permesso di soggiorno (se sei un immigrato e scioperi, te ne torni a casa tua!), 13mila e 200 euro di multa. Operazione di plastica chiarezza in tempi di Unità Nazionale: i decreti Speranza (repressione sanitaria, coprifuoco) e i decreti Salvini (deportazione per gli stranieri che scioperano) Uniti per la Nazione, in guerra contro gli sfruttati. La Fedex approfitta della mazzata per chiudere il polo di Piacenza, in barba alle assicurazioni su ciò che solo pochi giorni prima i loro servi in CGIL promettevano essere impossibile.

  • Ne nascono scioperi in tutta Italia, i siti della TNT/Fedex bloccati a singhiozzo per tre mesi. Si scatena però anche una violentissima repressione, portata avanti a tutti i livelli. Se dovessimo usare la stessa ratio che muove i teoremi delle procure contro di noi, si dovrebbe affermare che c’è una evidente regia, un comitato esecutivo dietro la multiforme azione di polizia (le cariche, i fogli di via da Milano per chi partecipa ai blocchi) e le squadracce di picchiatori professionisti (aggressioni con spranghe, bastoni, spray al peperoncino, pistole taser) della SKP di Milano, l’agenzia di bodyguard e investigazioni private usata sempre più spesso dai padroni della logistica per mazzolare gli scioperanti.

  • Ma le violenze vanno avanti ben oltre la Fedex e la stessa logistica. A Prato, gli operai tessili in sciopero contro le condizioni schiavistiche imposte loro dalla mafia cinese che produce materie prime per le multinazionali della moda, vengono ripetutamente attaccati, presi a mattonate, a pistolettate, investiti… e di nuovo (stessa regia? stesso comitato esecutivo?) caricati dalla polizia.

  • Da ultimo, venerdì 18 giugno, davanti ai cancelli del magazzino LIDL di Biandrate, in provincia di Novara, tre operai vengono investiti, nel tentativo di bloccare l’uscita delle merci, da un camionista che al contrario quel presidio lo vuole sfondare. Adil Belakhdim, 37 anni, sindacalista e referente novarese di SI Cobas, muore sul colpo.

Un elenco decisamente stringato rispetto all’ampiezza del fenomeno sbirresco-mafioso, ma che rende almeno in parte l’idea del livello di violenza con cui il nuovo «governo degli investimenti» sta tentando di sterminarci.

La cosiddetta «ripartenza» si sta giocando sulla nostra pelle. Draghi è stato chiaro: sblocco dei licenziamenti, gare d’appalto al massimo ribasso, rinnovata fedeltà alla NATO dopo che il BauBau Trump è stato finalmente scacciato e Biden e Harris stanno «normalizzando» gli Stati Uniti. Episodi come la strage di Stresa indicano chiaramente che la macchina non può fermarsi, piuttosto blocchiamo i freni, la macchina della ripartenza non si fermerà… piuttosto ci investirà.

Dicevamo tre mesi fa, inascoltati, che l’impatto stava arrivando e che non avremmo dovuto farci trovare ancora una volta impreparati. L’impatto è arrivato, ma noi siamo ancora impreparati. Impreparati, di nuovo, tanto sul terreno della repressione che ci colpisce come individui refrattari, quanto sul terreno di classe. Non siamo riusciti a trovare, nemmeno a fantasticare, di strumenti in grado di sabotare i dispositivi di polizia che ci colpiscono. E non siamo in alcun modo in grado di pensare alla nostra autodifesa di fronte alle continue aggressioni armate dei padroni.

Questa degenerazione, d’altro canto, era francamente prevedibile. Già nei primi mesi del 2019, sul numero 3 di “Vetriolo”, all’interno delle cosiddette «12 ipotesi», all’ipotesi XII si poteva leggere:

«L’aggressione di sindacalisti, persino il loro assassinio, come è avvenuto questa estate in Calabria, ormai si ripetono ad un ritmo crescente. La stessa legge sulla legittima difesa, al di là di simpatiche battute (del tipo: occhio sbirri a quando ci entrate in casa), è proprio espressione di uno Stato che, vedendo crescere la miseria e la disperazione, autorizza i proprietari a difendersi con le armi. Potremmo dire: non siamo al fascismo, ma ai pistoleros. Contro i pistoleros spagnoli la CNT organizzò i Comitati di Difesa e la FAI i gruppi di affinità. Sono esperienze che richiamano la necessità di organizzare forme di autodifesa e di attacco».

Concludendo che in questi tempi lunghi, in questa traversata nel deserto, insieme alla propaganda col fatto vera e propria, servissero anche degli strumenti più immediati «di autodifesa e rappresaglia». Il riferimento ai Comitati di Difesa della CNT a Barcellona non è un mero richiamo romantico. La morte di Adil, le continue aggressioni unite di squadracce e polizia, sono lì a dimostrarlo.

Basta stronzate. Sgonfiamo le ruote al governo degli investimenti.

Sansone

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