Ancora collaborazioni fra l’Esercito e l’Università di Trento
Ancora collaborazioni fra l’Esercito e l’Università di Trento
Il 1° ottobre, a Bolzano, sono stati firmati due accordi tra l’Università di Trento e il Comando Truppe Alpine dell’Esercito. Il primo accordo avrà una durata triennale (e sarà di “carattere scientifico”), il secondo invece sarà in collaborazione con il Dipartimento di Lettere e Filosofia. Gli argomenti che interessano entrambe le parti spazieranno dall’ambito geografico a quello meteonivologico, dalla cartografia allo studio delle valanghe, per concludere con studi scientifico-culturali sull’ambiente montano.
Con questa collaborazione verranno prodotte pubblicazioni sugli studi e sulle ricerche, si terranno incontri, seminari, studi di laboratorio, ecc.
Oltre al rettore dell’Università di Trento, Collini, sarà la dottoressa Dai Prà (docente di geografia e responsabile del Centro Geo-Cartografico di Studio e Documentazione Geco) che supervisionerà le attività.
Messa così, per come la raccontano i giornali, sembra una banale collaborazione tra due aziende interessate a temi all’apparenza innocui: si studierà la storia geografica del territorio, la trasformazione delle nostre montagne e gli effetti del cambiamento climatico in corso. Ma leggendo tra le righe c’è una frase su cui soffermarsi: “Oggetto della conversazione generale con l’Università l’avvio e il consolidamento di iniziative didattiche e di ricerca nelle strutture dell’ateneo”.
Questa frase esprime il vero interesse dell’Esercito in questa storia: consolidare il legame con il mondo dell’Università. Da tempo denunciamo in vario modo le collaborazioni tra il mondo universitario e il mondo della guerra Quest’ultimo accordo ha avuto un suo risalto mediatico proprio perché non c’entra apparentemente niente con la guerra, laddove altre collaborazioni decisamente meno presentabili vengono debitamente taciute. Ma l’Esercito non lavora mai in modo “disinteressato”, bensì continua e affina un suo costante lavoro di penetrazione in tutti gli ambiti. Certo lo studio delle valanghe non è lo studio per costruire un chip per un missile, ma quello che a noi importa è come il mondo accademico sia ormai inevitabilmente intrecciato con dinamiche guerrafondaie oppure con dinamiche legate a controllo e repressione. C’è chi, prima e meglio di noi, ha denunciato il modo in cui l’Esercito sta entrando nelle scuole con i metodi e gli argomenti più sottili, per assuefare fin da giovani alla presenza delle mimetiche. Qui non si tratta solo di smilitarizzare la scuola, l’Università, i laboratori, ma di comprendere perché le spese militari e altri settori adiacenti siano uno dei motori principali dell’economia di questo Paese e non solo. Non sarà lo studio e la comprensione dei fenomeni climatici sulle Alpi a fermare uno sconvolgimento climatico che è innescato dall’industria pesante, fondamentale per la costruzione di qualsiasi armamento, o dall’estrazione di materiali che servono a creare i mezzi per l’Esercito. Senza contare l’aspetto strettamente etico di collaborare con chi è presente con svariate missioni in mezzo mondo per interessi geo-politici e di potere.
Sembra che l’Università non si ponga nessun problema a collaborare con chi si aggira per il Pianeta promuovendo guerre, repressione e altre angherie. Quando scrivevamo che l’Università di Trento ha l’elmetto era perché, invece di stracciare le collaborazioni con chi vive di guerra, blindava i laboratori per prevenire la mano anonima che li colpiva proprio per quelle collaborazioni di morte. Oggi invece possiamo dire che l’Università di Trento non si fa proprio nessuna remora. Gli studenti si accorgeranno di questo lento ma inesorabile processo di militarizzazione della società? Si abitueranno ancora e daranno fiducia a chi da altre parti del mondo uccide e massacra?