“Di respirare la stessa aria dei secondini non ci va”

CITIZEN KANE, Orson Welles, 1941, astride stacks of newspaper

Tratto da https://evasioni.info/2020/05/06/734/

Riceviamo e pubblichiamo questo estratto sul carcere tratto dall’opuscolo “Krino. Riflessioni sulla pandemia” allegato alla fine del testo.

Di respirare la stessa aria dei secondini non ci va”

E’ a partire dal 7 marzo che abbiamo assistito a una delle più vaste rivolte delle carceri avvenute nella storia di Italia. È ormai un dato abbastanza accertato che la polizia (vedremo se con la complicità dello Stato), nei giorni successivi ha fatto delle spedizioni punitive dentro le celle, spesso lasciando i detenuti nudi in una pozza di sangue.

I fatti:

Tutto è cominciato a Salerno, dove la sospensione dei colloqui con i parenti, giustificata come misura per proteggere i detenuti, è stata la miccia che ha fatto scattare la rivolta. Sono circa in 200 a devastare un’intera sezione e ad accedere al tetto. Il giorno dopo da Modena, a Milano, a Pavia, a Roma e in moltissime altre carceri italiane, vi saranno incendi, occupazione di padiglioni, ostaggi e tutto ciò che può essere usato da un detenuto per cercare di cambiare la propria condizione. Uno scenario che in Italia non si vedeva da moltissimi anni, e difatti, come accade spesso quando si disabitua la mente, fanno più scalpore le rivolte dei moventi o, ancora peggio, dei morti (ovviamente dipende da che parte sono). Chissà; forse perché in Italia siamo abituati a vedere morire quei disperati che si dividono in due categorie: coloro che annegano e coloro che “se la sono andata a cercare”.

Tornando alle rivolte di quei giorni di marzo (7,8 e 9), il bilancio è pesantissimo: le rivolte si sono estese a quasi tutti i penitenziari del territorio nazionale e il numero dei morti fra i detenuti è di 13 persone, il tutto in 72 ore circa. Un susseguirsi così rapido di eventi probabilmente è stato mosso, se non si vuole credere alla narrazione della destra e di Salvini, da paura e disperazione dovuta a condizioni di vita indecenti: sovraffollamento, ricatti lavorativi e amministrativi, e trattamenti che la maggior parte delle volte non rispettano la dignità umana.

Le richieste dei prigionieri erano l’indulto e/o l’amnistia per coloro che avevano meno di 5 anni da scontare. Ricordiamo che in Iran sono state liberate circa 70.000 persone e anche nella non proprio democratica Turchia vi è stato un importante svuota-carceri.

Alcuni dati

Per capire meglio le carceri e i detenuti riportiamo alcuni numeri: al 30 aprile 2019 l’Italia ha 60.439 persone nei penitenziari, che significa circa 1 detenuto ogni 1000 abitanti.

I posti letto sono ufficialmente disponibili 50.511 (bisognerebbe sottrarre tutti gli eventuali in manutenzione), non andiamo oltre riguardo il sovraffollamento che è abbastanza evidente.

Chi c’è dentro queste strutture?

L’Italia è uno dei paesi in Europa dove si uccide meno, gli omicidi (prendiamo uno dei reati più gravi) sono calati tra il 2015 e il 2016, eppure il nostro paese è il primo dell’UE per aumento della popolazione detenuta tra il 2016 e il 2018.

Nel 2013 i detenuti per rapina erano il 28,9% dei casi, mentre quelli legati alle droghe il 38,8% che poi nel 2018 caleranno al 31,1%. La media europea comunque è del 18%. Anche qui non ci dilunghiamo nel dibattito sul ruolo del carcere e i consumatori di droghe, che forse riguarderebbe più una questione di salute che penitenziaria. Altra riflessione doverosa è notare come nel 2013 quasi il 70% della popolazione carceraria fosse dentro per questioni legate a droga, furti e rapine. Crediamo anche sia importante, anche se forse banale, ricordare che coloro che sono dentro per aver rubato non sono gli stessi che rubano migliaia o milioni di euro alla gente per vivere nel lusso… la maggior parte di questi è fuori. Dentro ci sono i poveri, a mostrare quanto quelle mura siano solo uno strumento di classe volto a contenere quelle “risorse umane” ritenute difettose in quanto non vivono (spesso per necessità) una vita scandita dai ritmi della produzione e del consumo. Non ci rimane che fare un’ultima riflessione a riguardo, e cioè che l’uguaglianza politica e civile non può che essere formale in una società fondata sulle disuguaglianze economiche: la legge criminalizza e punisce le condotte che quella parte di popolazione che vive in uno stato di disagio sociale o di deprivazione economica è costretta ad avere.

Altro e ultimo dato che riteniamo molto interessante, è che coloro che sono dentro senza una condanna definitiva rappresentano il 34,5% circa della popolazione carceraria anche se, stando alla Costituzione, si tratta di persone innocenti. Per trovare altri dati vi rimandiamo alla nota qui sotto.

Alcune riflessioni

Quindi tornando alle persone che chiedevano amnistia e/o indulto per coloro a cui rimaneva da scontare una pena inferiore ai 5 anni, contro di essi si è scagliata gran parte dell’opinione pubblica. Etichettandoli come dei possibili pericoli per la società (e vi rimandiamo ai dati appena mostrati per una riflessione) dimenticandosi, come spesso accade, che se oggi molte persone muoiono perché non hanno un posto in ospedale le responsabilità sono di altre persone. In più forse non si riflette che il vero pericolo per la società è non fare un decreto che svuoti in maniera più consistente le carceri, in quanto ad oggi sono più di 133 i positivi al virus dentro i penitenziari ma se si creano nuovi focolai ne risentiranno anche gli ospedali e le persone fuori.

Abbiamo assistito quindi a un dibattito praticamente unilaterale dove oltre a stigmatizzare queste persone, si giustificava la misura presa dell’interruzione dei colloqui come una misura di tutela nei confronti dei detenuti. Sarebbe buffo, se non fosse ipocrita, notare che è sempre nelle situazioni di emergenza che ci si preoccupa delle condizioni inumane nelle quali si vive o si lavora (dalle carceri agli ospedali o alle fabbriche), quando per tutto il resto del tempo si fanno tagli e ci si preoccupa di altro. Le carceri sono dei luoghi sovraffollati e dove vi sono scarse condizioni igieniche, rendendoli degli ambienti favorevoli per la propagazione dei virus. Si può comprendere una misura del genere solo se è accompagnata da un’amnistia o indulto, cioè un provvedimento che riduca la popolazione carceraria per tutelare la salute delle persone, solo se la si accompagna parallelamente con una informazione costante di quello che accade fuori (non cercando di oscurare le informazioni come invece è avvenuto), se di conseguenza si fossero aumentate subito le telefonate e videochiamate, se si fossero prese anche tutte le altre misure preventive (mascherine per tutti, gel, etc…). Tutto questo o non è stato fatto o solo in piccola parte e male. Infatti chi si trovava in cella, probabilmente si è chiesto come mai il proprio parente fosse più pericoloso per la propria salute del secondino che tutti i giorni ha di fronte (il quale entra ed esce dal carcere) oppure di tutto il resto del personale. Coloro che dovevano essere protetti dalla sospensione dei colloqui con i parenti non ci hanno messo molto a capire sia che questa misura era una presa in giro e che forse Coronavirus sarebbe potuto essere un forte pericolo anche per loro: come la preoccupazione divampa fra i cittadini in stato di libertà, fra i detenuti in poche ore questa paura si è espressa con l’unico mezzo che chi è recluso possiede per farsi sentire da chi sta fuori e cercare di ottenere qualcosa.

Se la paura e il virus sono qualcosa che può colpire tutti gli esseri umani, risulta evidente che il diritto è qualcosa che difende solo alcuni. L’articolo 2 della Costituzione (un testo non male per certi aspetti, peccato che vorrebbe essere la realtà, un testo di diritto e non un libro fantasy) recita: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. In senso generale questo articolo vorrebbe prendere le distanze dalla visione nazionalista di destra, e del fascismo, che lega lo Stato al cittadino. Così la Repubblica riconosce (attenzione al verbo!), in quanto il diritto fa già parte dell’essere umano e non gli è assegnato, una dignità a tutti gli uomini, cittadini e non. Altro verbo importante dell’articolo è: inviolabili. Lo Stato quindi riconosce, garantisce e difende l’essere umano e il suo diritto inviolabile. E’ evidente che in questo caso il carcerato non è riconosciuto come essere umano.

Quando nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (vicino Caserta) il 5 aprile (un mese dopo la sospensione dei colloqui) un detenuto viene trasferito in isolamento in quanto positivo al Coronavirus, succede che 150 dei 400 reclusi, fanno una piccola rivolta (che non è più di una battitura e alcune barricate) che rientra nel giro di poche ore, con la concessione e promessa di un colloquio con il Magistrato di Sorveglianza. Il giorno dopo, una volta andato via il Magistrato, entrano 400 agenti in antisommossa che in gruppi da 7 entrano nelle celle massacrando di botte i detenuti. Non ci dilunghiamo nel racconto dei dettagli di questa mattanza (per chi è interessato alleghiamo l’articolo1), prendiamo solo nota del fatto che questo non è altro che l’ennesimo caso in cui le richieste dei carcerati vengono represse nel sangue.

A seguito delle proteste, oltre a pestaggi in cui sono state spaccate mascelle e setti nasali2 (c’est la démocratie…), trasferimenti che non hanno fatto altro che portare il virus da un carcere all’altro (come avvenuto da Bologna al carcere di Tolmezzo) è seguito un decreto che ha punito chi si è ribellato in quei giorni, incrementato le forze dell’ordine per evitare che la paura si esprimesse di nuovo e che i detenuti si facessero nuovamente sentire. I provvedimenti presi per il sovraffollamento è chiaro che sono ancora troppo timidi, e soprattutto che escludono anche solo chi è sospettato di aver preso parte alle rivolte. Ricordiamo che un terzo dei detenuti sono ancora innocenti in attesa che il giudice si esprima. E’ evidente come la discrepanza fra la Costituzione e la realtà sia ampia e come tutte le volte che ci sbattono in faccia la “bellezza della nostra Costituzione”, ci stanno semplicemente mostrando qualcosa che non esiste. Spesso veniamo anche tacciati di essere utopisti, a questi rispondiamo che siamo utopisti che accusano la realtà di non essere ciò che ci viene mostrato.

Oltre a questo decreto, i detenuti hanno ricevuto anche un’altra cosa “molto importante”: un caloroso saluto dalla persona più importante del nostro Stato, Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che evidentemente oltre a esprimere vicinanza e riconoscere che la situazione all’interno “non sempre rispetta la dignità umana”, non poteva fare di più (ricordiamo che il Presidente della Repubblica ha il potere di dare l’amnistia senza passare per altri organi). Insomma, come spesso accade, le uniche risposte sono state paternalismo e repressione.

Il carcere non agisce solo su chi si trova dentro, ma angoscia anche tutti gli amici e i familiari che sono fuori. Alcuni parenti dei detenuti hanno segnalato che questi ultimi oltre a non avere più i corsi scolastici, gli incontri con i volontari, i colloqui, le attività sportive etc, adesso cominciano anche a rinunciare alla propria ora d’aria per paura del contagio, così da vivere giornate ancora più grigie, monotone e pesanti. Segnaliamo a tal proposito questa testimonianza e domanda fatta alla Associazione Antigone riguardo un detenuto autoimmune: “il ragazzo ormai vive nel terrore di ammalarsi perché sa che non può prendere nessun farmaco. Vive rinchiuso nella sua cella, evita pure di telefonare a casa tutte le volte che vorrebbe perché ha paura pure di prendere il telefono in mano e sta sviluppando attacchi di panico, tanto che è stato visto dallo psicologo. Vi prego, potete fare qualcosa?3

Al netto di ciò, dei decreti e dei 12 morti, l’ultimo effetto delle rivolte che prendiamo in considerazione è che il SAPPE (Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria) ha fatto sapere che il penitenziario di Modena chiuderà perché inagibile e che in tutta Italia ci sono stati più di 20 milioni di danni nei penitenziari.

A questo punto crediamo sia necessario riflettere su cosa sia più importante, in questo l’opinione pubblica si è divisa (anche se non in egual misura) tra chi ha preferito pesare questi danni e chi ha invece considerato ben più grave la morte di 13 persone e la costante violazione dell’essere umano che avviene nelle carceri.

Lo Stato ha già scelto da che parte stare.

Qui sotto per scaricare l’intero opuscolo:

KRINO