Cronache dallo stato d’emergenza (Numero6)
27 Aprile 2020
25 aprile: segnali di ammutinamento
L’appello a violare le misure di confinamento durante la giornata del 25 aprile è stato raccolto in modo piuttosto variegato e creativo. A Trento, un gruppo di compagni e compagne è sceso in strada nel quartiere di San Pio X, mantenendo le distanze di sicurezza e dimostrando che è possibile ritrovarsi in strada, all’aria aperta, tutelando la propria e altrui salute. Il gruppo – con lo striscione “Responsabili, non ubbidienti. Resistenza ora e sempre” – è rimasto in strada per una buona mezz’ora, con interventi, musica e cori; qualche solidale e abitante del quartiere si è avvicinato, poi è arrivato un ingente quantitativo di forze dell’ordine che hanno provato ad identificare e fermare i presenti. Il tentativo degli sbirri non è andato a buon fine ed il gruppo si è allontanato intonando cori e salutando le persone affacciatesi dai balconi. Sempre in giornata c’è stato un saluto ai detenuti di Spini di Gardolo.
Per quello che abbiamo letto e saputo, diversi striscioni e cartelloni sono apparsi a Rovereto in ricordo dei partigiani, contro fascisti e capitale, in solidarietà con i detenuti in lotta, contro la logica padronale-statale che vuole le fabbriche aperte e le persone chiuse in casa… Diversi parchi sono stati “liberati” dai nastri divisori e i cartelli di divieto sono stati sostituti con altri che invitano a usare collettivamente gli spazi collettivi mantenendo le distanze fra le persone. A Tierno, musica in piazza con i vicini che hanno portato teglie di pizza. A Mori, giro in paese con musica e un cartellone. A Noriglio, striscioni appesi, giro in paese con canti partigiani e lettura di un volantino; a Lizzanella, presenza in piazza con striscioni e musica; alle Fucine, cartelli e interventi amplificati; al Brione, un gruppo di compagni e compagne – con le mascherine e distanziati fra loro – ha attraversato una parte del quartiere con uno striscione (“Organizzarsi per non subire ancora”) e un impianto. Il primo intervento sotto i palazzoni è stato seguìto con molto interesse dalle persone ai balconi, che hanno risposto con un sonoro applauso; una decina di persone si sono unite all’iniziativa. Tra i tanti discorsi (sulle cause strutturali di questa epidemia, sulle responsabilità di Confindustria e governo, contro il controllo tecnologico in nome della salute…), è stato lanciato un invito a chi è in difficoltà economiche a organizzarsi per non pagare l’affitto all’Itea (i cui dirigenti hanno annunciato una moratoria per i negozianti ma non per gli inquilini). Forse per via degli appuntamenti non annunciati e dei diversi orari, le pattuglie di polizia e Digos sono arrivate quando i compagni se ne stavano già andando. In tarda serata, fuochi d’artificio in tre punti nei dintorni di Rovereto.
Ben detto
«Mentre la produzione industriale intacca l’ultima delle foreste, la produzione di cibo selvaggio penetra ancor più in profondità a caccia di prelibatezze, o fa proprio razzia delle ultime roccaforti di natura selvaggia. Ed ecco che il più esotico dei patogeni, in questo caso il Sars-2 ospitato da pipistrelli, finisce su un camion – nelle prede o nei lavoratori poco cambia – e viaggia come una pallottola da un’estremità all’altra di un circuito peri-urbano sempre più dilatato prima di irrompere sulla scena mondiale». Così un gruppo di epidemiologi statunitensi riassume le cause tutt’altro che misteriose dell’epidemia in corso. Non essendo esperti di Stato, non isolano il “virus nemico” dalle condizioni materiali delle nostre vite. Per cui dicono quello che non si sentirà mai dire in televisione: «L’agroindustria è in guerra con la salute pubblica. E la salute pubblica sta perdendo». Ne consegue la più sensata delle domande: «Possiamo ancora permetterci di ritoccare, semplicemente, le attuali modalità con cui ci appropriamo della natura e sperare in qualcosa in più di una tregua con queste infezioni?».
Dare i numeri
+ 20% C.A.
+ 18% P.S.
+ 20,2 % UHT
Sono percentuali da quarantena, ma non sono quelle che quotidianamente ci vengono riversate contro a reti unificate. Riguardano l’acquisto e il consumo di CONSERVE ANIMALI, PESCE SURGELATO e LATTE UHT. È innegabile come la condizione che stiamo vivendo sia stata favorita dagli allevamenti intensivi di animali e dalla conseguente deforestazione attuata per la coltivazione dei mangimi destinati alla carne da macello. Riconsiderare il modo con cui si guarda il mondo, con cui ci si rapporta alla natura, mettere in discussione le proprie idee, smettere di considerare gli animali come oggetti destinati al soddisfacimento dei nostri capricci, mascherati da necessità. Niente sarà più come prima. Sta a noi far sì che sia migliore.
“Ho solo eseguito gli ordini”
Dopo i giorni della rabbia esplosi con le rivolte di marzo in moltissime carceri, gli ordini impartiti dal Ministero possono essere sintetizzati brevemente: «Non fate volare una mosca nelle carceri». Mentre i contagiati (e i morti) aumentano sia tra i secondini che tra i detenuti, come pensiamo possano essere eseguite certe direttive? Umiliazioni, corpi denudati e pestati. Addirittura, nel carcere di Caserta, barba e capelli rasati. Durante una rischiosa telefonata un detenuto ha affermato «Da “detenuti” siamo diventati “prigionieri”, e c’è una bella differenza».
Ci sarà chi s’indignerà per dei presunti “diritti umani” calpestati, ma la verità è molto più acerba. Nelle strutture penitenziarie la violenza è ciò che regge l’equilibrio, poiché è la natura del potere. Quando (e se) verranno pescate le “mele marce” tra la polizia penitenziaria, ciò dovrà risuonare come la bugia che è sempre stata, perché questa è una sistematica operazione di guerra (e centinaia di agenti a volto coperto che entrano in una sezione per massacrare chiunque possono darcene l’idea). Ed avranno tristemente “ragione” costoro ad affermare di aver solo eseguito gli ordini sentendosi tradire dai loro superiori. Perché il carcere, per sua stessa natura, è uno stato d’eccezione senza fine, dove ogni dichiarazione dei “piani alti” può trasformarsi nell’incubo della morte. Pensiamoci, quando ci diranno che quello della guardia penitenziaria è un “lavoro come un altro”.
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