Prima che si consumi il delitto perfetto

Miei signori, avete torto!
Il delitto perfetto
non è privilegio
del criminale.
Ma del boia.

Il delitto davvero perfetto
è quello finanziato dallo Stato.
Il perfetto assassino
è un funzionario con l’auto di servizio.

La giustizia è un lupo
con la sola differenza
che i lupi sono meno feroci.

Certo, anche i lupi spezzano
bianchi colli,
ma non ululano mai sui cadaveri:
siamo servitori della legge.

(Stig Dagerman, Il delitto perfetto, «Arbetaren», 29 gennaio 1953)

Oggi cadono cinquantatré anni dalla strage di Stato di Piazza Fontana. Il lavoro infame di impedire a qualsiasi costo ogni trasformazione rivoluzionaria della società, cominciato con quei diciassette morti e ottantotto feriti, non si è mai fermato.
Oggi cadono cinquantatré giorni dall’inizio dello sciopero della fame di Alfredo Cospito e trentacinque da quello di Anna Beniamino.
In questo Paese, insanguinato dai massacri organizzati e diretti dai funzionari statali dei vari Uffici per gli Affari Riservati, gli unici condannati per «strage politica» «una strage senza strage attribuita senza prove» sono due compagni anarchici, parte di quel movimento rivoluzionario che alla violenza indiscriminata dello Stato contro gli oppressi ha contrapposto e contrappone la violenza discriminata contro gli oppressori.
Si può trovare un esempio di falsificazione ideologica e materiale della storia più ripugnante sul piano etico, più sfacciato su quello giuridico-istituzionale e più pericoloso sul piano delle lotte? È come se, grazie alla sproporzione delle forze in campo, la controrivoluzione poliziesca, giudiziaria e mediatica degli ultimi cinquant’anni dispiegasse il suo programma per intero: legislazione di guerra; carcere di guerra; gestione militare del conflitto sociale. A questo mira l’estensione ad libitum del 41 bis, con i suoi effetti sul resto delle carceri, sulle aule di tribunale e nelle piazze.
O si resiste o si capitola.
Se il nostro dovere è innanzitutto quello di salvare la vita di due compagni, il cui stato di salute è già allarmante, in questa battaglia si gioca tanto della libertà di tutte e di tutti. Chi lo ha capito, in Italia e in giro per il mondo, sta dando alla parola «solidarietà» cuore, gambe, fuoco. Chi non lo vuol capire, o si limita a riportare qualche altrui comunicato di sostegno senza muovere un dito, non venga domani a blaterare di «fronti comuni contro la repressione».
Per alcuni è affinità con i compagni prigionieri. Per altri è condivisione di uno stesso ideale. Per altri ancora è posizionamento in un comune orizzonte di trasformazione rivoluzionaria della società. Per tutti dovrebbe essere questione di autodifesa collettiva.

Prima che si compia il delitto perfetto; prima che i lupi in toga e in uniforme ululino ancora una volta sulla pelle di un compagno e di una compagna, poche parole.
Per le anime ardenti: all’azione!
Per le donne e gli uomini che non hanno smarrito il senso del giusto: mettete qualcosa in questa battaglia affinché qualcuno non debba metterci tutto!
Per i «funzionari con l’auto di servizio»: guai a voi!

Stragista è lo Stato!
Fuori subito Alfredo dal 41 bis!