Vaccini al popolo?

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VACCINI AL POPOLO?

Al di là del titolo, ovviamente in linea col sensazionalismo che deve accompagnare tutta la narrazione pandemica, è uscito negli scorsi giorni un articolo piuttosto interessante sulla mancata vaccinazione di massa in Africa (Quel miliardo di dosi in frigo che ha condannato l’Africa, “La Repubblica”, 28 novembre 2021). Se non crediamo che possa scuotere i militanti di sinistra più imbolsiti che si mobilitano contro i brevetti dei “vaccini” biotecnologici, può forse suggerire qualcosa a chi rischia di somigliargli.

Se si pensa al contesto africano, non è strano che le inoculazioni nel continente nero abbiano raggiunto a malapena il 6 per cento di quanti lo abitano. Con una popolazione mediamente molto giovane, e un’aspettativa di vita che arriva – quando va bene – a settant’anni, il Covid in Africa non si è quasi sentito. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, che si rifà ai dati dell’OMS, le vittime nel continente del morbo più mediatizzato della storia ammonterebbero a circa 135.000 persone (altre stime le danno a oltre 200.000). Difficile che numeri simili possano destare preoccupazione, su una popolazione di oltre 1 miliardo e 300 milioni di persone. Non è perciò strano che le vaccinazioni contro una malattia che ammazza mediamente persone piuttosto anziane, in Africa non sfondino. Se poi si pensa che gli africani hanno ben altri problemi (tra malattie decisamente più pericolose, squadroni della morte o mancanza di acqua potabile, solo per dirne alcuni) la conclusione da banale si fa scontata, e non sarebbe lecito attendersi nulla di diverso: la stragrande maggioranza degli africani vive nell’indifferenza in materia di Covid.

A detta di “Repubblica” ci sarebbe però anche dell’altro. I cosiddetti “vaccini” si scontrerebbero in Africa con una forte diffidenza, dovuta, ça va sans dire, alla «disinformazione» e al «complottismo» disseminati dai social, che anche a quelle latitudini farebbero danni a una corretta informazione scientifica. Tuttavia, non bisogna essere per forza dei “complottisti” per pronunciare una frase come questa, citata nell’articolo: «Ho tanti amici che hanno ricontratto il Covid. Che mi vaccino a fare se poi mi riammalo? Il governo non ci spiega. Ci dicono: vaccinatevi e basta». Oppure questa: «Da decenni moriamo di malaria come mosche. Nessun vaccino ci ha salvato. Com’è possibile che in pochi mesi abbiano scoperto quello del Covid?». Per non parlare di chi inorridisce vedendo esseri umani magnetizzati, all’interno di video divenuti «virali» persino in Mozambico (la “disinformazione” dev’essere davvero un grande problema se le stesse “bufale” vengono raccontate in tutto il mondo… compreso peraltro da qualche conoscente di chi scrive, e per esperienza diretta).

Comunque la si pensi al riguardo, è un fatto che i governi non riescono a dar via le dosi acquistate o regalate, e finiscano quasi sempre per restituirle o distruggerle: «in Africa solo 5 Paesi su 54 raggiungeranno l’obiettivo [fissato dall’OMS, ndr] del 40% [di vaccinati], e non i più popolosi: Seychelles, Mauritius, Marocco, Tunisia e Capo Verde»; «in Africa di vaccini buttati e bruciati, perché scaduti, ne sanno qualcosa la Repubblica Democratica del Congo e il Malawi. Ad aprile Kinshasa ha restituito 1,3 milioni di dosi a Covax, l’organizzazione internazionale per la distribuzione ai Paesi poveri; il Malawi a maggio ne ha bruciati 20mila; almeno altri sette Stati africani ne hanno distrutti 450.000». Se a questo poi si aggiunge che diversi Paesi del continente curano il Covid con l’idrossiclorochina (cosa ben poco sorprendente, visto che si tratta di un antimalarico), diventa ancora meno difficile spiegarsi la controtendenza africana rispetto al resto del mondo. Un quadro molto diverso da quello letteralmente incredibile che viene dipinto, a tinte più o meno epiche, da tanta “sinistra (sedicente) di classe”, per la quale miliardi di poveri falcidiati dal virus non attenderebbero altro che la salvifica puntura, negata loro da bieche multinazionali che si tengono stretti i brevetti dei sieri. Mentre la vaccinazione di massa ha raggiunto in meno di un anno gli angoli più sperduti del mondo, e i corpi di quattro miliardi di esseri umani; mentre le Nazioni Unite (in collaborazione con la GAVI degli ex-coniugi Gates) distribuiscono come caramelle i prodotti AstraZeneca in metà Sudamerica col programma Covax; e mentre la stessa farmaceutica anglo-svedese, pur senza rinunciare alla proprietà intellettuale, mette a disposizione gratuitamente la formula del siero a chiunque abbia i mezzi materiali e il know how per produrla (come in India), e cede peraltro le dosi a prezzo di costo… tutte le chiacchiere sul “vaccino bene comune” si rivelano per quello che sono: pure chiacchiere. Fatte da chi non ha niente da dire perché non vuole dire niente, ma solo continuare a fingere che le questioni reali imposte dalla dichiarata pandemia non siano tutt’altre. Mentre gli altoparlanti del capitale continuano ad attribuire il rifiuto dei sieri a “disinformazione” e “complottismo” (invece che all’unico libro che non racconta fake news: quello dell’esperienza), il militante di sinistra strilla sempre all’egoismo degli altri (delle multinazionali che non rinunciano ai brevetti, come degli “irresponsabili” refrattari alla puntura); in un crescendo di distorsione cognitiva e spirituale che non gli fa neanche afferrare quanto sia colonialista aspettarsi la vaccinazione anti-Covid persino dai più poveri tra i poveri, alle prese con questioni ben più consistenti, e giustamente diffidenti verso le varie coperte al vaiolo offerte dai padroni bianchi. Se l’allucinazione di «uscire tutti insieme dalla pandemia» ne esce sbugiardata (anche prendendo per buona questa narrativa, è impossibile vaccinare la totalità del genere umano in tempo utile, prevenendo la formazione di varianti che potrebbero rendere inefficaci i sieri), dice molto anche riguardo l’egoismo dei “buoni”: sotto sotto, non è che certi militanti vorrebbero che i dannati della terra si vaccinassero per loro?

Si tratta d’altronde di una tendenza più generale. Tra i vari disastri generati dall’Emergenza, c’è senz’altro l’aver scatenato il revival del peggio nella “sinistra di classe”. Mentre qualcuno riscopre la ceka in versione sanitaria, e qualcun altro sospira per l’efficienza cinese nel mettere la salute pubblica sopra il profitto, c’è chi riscopre il turismo rivoluzionario dei bei tempi andati. Partendo con un machete per la Selva Lacandona? No: prestando il proprio corpo alla scienza “socialista” cubana. In questi giorni una delegazione di “Potere al popolo” è volata a Cuba, per partecipare ad un trial internazionale per la somministrazione del vaccino Soberana 2 (il secondo “gioiello di famiglia” dell’industria farmaceutica di Stato, basato su una tecnologia a subunità proteiche). Entusiasti di ricambiare il favore fatto dallo Stato “socialista” all’Italia (con la brigata di medici inviati dall’isola all’inizio dell’Emergenza, e in breve congedati dal governo con un “arrivederci e grazie, ma preferiamo far crepare la gente nelle terapie intensive”), alcuni militanti PaPisti che hanno ricevuto due dosi dei vari sieri biotecnologici nostrani si stanno facendo la terza ai Caraibi, testandone così la compatibilità con le precedenti iniezioni. Se il risultato fosse positivo, questi giovanotti e giovanotte tanto pieni di buone intenzioni sono pronti a farsi promotori del vaccinismo “socialista” nel mondo.

Se sembra un inserto di Brian di Nazareth all’interno di 1984, questo surreale cameo ci fa aprire un’altra parentesi. È nota l’efficienza con cui lo Stato cubano ha affrontato il suo primo anno di “pandemia” (tanto da meritarsi gli elogi di un articolo nientemeno che del “Lancet”). Ma quelli che vanno tanto orgogliosi per la politica sanitaria dei “socialisti” caraibici (ieri le virtù dimostrate dalla sanità cubana, oggi la gloria della sua farmaceutica), sono sicuri d’averci capito davvero qualcosa? Si sono chiesti realmente perché Cuba ha passato il 2020 con appena 140 morti per Covid, ed è arrivata quest’anno a oltre 8000? Non dubitiamo che una risposta di comodo sia sempre sostenibile (la riapertura delle frontiere che ha fatto crescere i contagi del diabolico morbo, sempre pronto a sfuggire a ogni controllo… e via cantandosela). D’altronde sono le risposte che dànno tutti, dai talk show televisivi a “Internazionale” o “Il Manifesto” (e se c’è una cosa che è diventata quasi impossibile in questi tempi “pandemici”, è leggere ancora qualcosa che possa chiamarsi giornalismo d’inchiesta). Eppure la risposta più realistica, qualora si sia disposti a uscire dal coro, è di una banalità sconcertante. Se si vanno a leggere i reportage sulle accese proteste scoppiate a luglio (coincise, non a caso, col picco dei morti per Covid), si scopre che a Cuba, in questo 2021, sono semplicemente venuti a mancare i farmaci. Privato dell’afflusso di turisti a causa dell’allarme sanitario, lo Stato cubano si è trovato in difetto di valuta pregiata, e in particolare di quei dollari che permettevano l’acquisto di alcuni medicinali fondamentali nonostante l’embargo statunitense. Nel frattempo, mentre negli ospedali veniva a mancare persino l’aspirina, cosa faceva lo Stato “socialista”? Buttava soldi in una joint venture con il Regno britannico (e la sua finanza) per produrre vaccini e farmaci genetici1. Il tutto a maggior gloria della sua industria biotecnologica (già fiore all’occhiello di Castro), della vaccinazione dei bambini da due anni in su, della sua posizione geopolitica come aspirante vaccinatore dell’America Latina… e sulla pelle della gente che crepava. Se queste dinamiche sono simili a quelle dei regimi dichiaratamente capitalistici di casa nostra, la cosa non deve stupire: alla base c’è la stessa logica. Da un capo all’altro del mondo, l’emergenzialismo pandemico fa leva su un medesimo fulcro: il contenimento dei contagi, funzionale sempre e comunque a misure coercitive (ieri i lockdown, oggi la vaccinazione di massa e il lasciapassare). Il segreto di Pulcinella di tutta la situazione è che l’unica possibile uscita dalla “pandemia” è sottrarsi a questa logica insensata: anziché fuggire e barricarsi contro una malattia che non è né l’Ebola né la Spagnola, attrezzarsi serenamente ad affrontarla col buonsenso, curandola in modo tempestivo. Che questo sia possibile, lo dimostra ormai l’esperienza di mezzo mondo, dalla quale emerge in modo flagrante il rapporto tra la reale gravità del problema sanitario e le terapie che sono o non sono state applicate. A dimostrarlo, se solo ci si degna di guardarli da un diverso punto di vista, basterebbero pochi scenari (assolutamente noti, ma che si trovano solo tra le pieghe delle notizie): ad esempio, che la celebre “uscita dalla pandemia” di Cina e Corea del Sud2 è stata dovuta solo in minima parte a lockdown e tracciamenti più o meno elettronici, mentre la somministrazione di cure precoci ne è stato il tassello fondamentale; che in Vietnam l’epidemia è ripresa quando è stata messa fuori gioco l’idrossiclorochina3; che quando questo stesso medicinale è stato escluso dai protocolli di cura del Covid, i morti in Russia sono raddoppiati4; che in India la mortalità della malattia è stata abbattuta a partire da maggio scorso, quando diversi Stati federali hanno adottato l’ivermectina5; per non parlare del Nicaragua, che grazie all’azione capillare delle sue “brigate della salute” (e in assenza di ogni forma di lockdown e di obbligo vaccinale) può vantare la mortalità da Covid più bassa al mondo (anche prendendo per buone le cifre “non ufficiali” fornite dall’opposizione nicaraguense)6. La questione, in fondo, è banalissima: come «spezzare le catene dei contagi» se non evitando di concentrare i malati negli ospedali, curandoli il più possibile a casa? È proprio vero, come prevedeva l’autore della più celebre tra le distopie, che oggi il buonsenso è diventato «l’eresia delle eresie», e che dire “due più due fa quattro” è l’unico punto di partenza per un’opposizione che non sia fittizia. Se battersi per la somministrazione di terapie semplici, appropriate e tempestive – esigendo che i medici tornino a curare – potrebbe rompere l’arcano di cui siamo prigionieri, la logica dell’Emergenza e delle vaccinazioni forzate spinge in direzione esattamente opposta, determinando tra l’altro la scomparsa di ogni aspetto di cura dall’odierna medicina e la trasformazione dei medici in meri esecutori privi di “scienza e coscienza”. Dopo che per due anni non si è fatto che degradare la sanità di base – mettendo ostacoli di ogni sorta ai sanitari più coscienziosi, e premiando i più corrotti e lavativi con l’ingiunzione a prescrivere tachipirina per telefono senza fare nient’altro –, le inoculazioni forzate stanno dando il colpo di grazia a quella medicina territoriale che i sinistri mediaticamente modificati dicono di voler difendere e potenziare, quando la vaccinazione di massa non fa che sottrarle personale, mezzi e soldi (oltre al prezzo delle dosi, moltiplicato per milioni di persone, la loro somministrazione in Italia viene pagata 16 euro… a puntura, mentre visite e interventi vengono rinviati per la mobilitazione dei medici negli hub vaccinali: altro che “terapie intensive occupate dai no vax”!). Se la logica dell’Emergenza genera sciagure simili nella maggioranza dei Paesi (che si dichiarino “socialisti” o “democratici”, che usino vaccini biotecnologici o più tradizionali), la maledizione pandemica che ha colpito buona parte della “sinistra di classe” aggiunge alla falsificazione mediatica l’ipocrisia di Partito: con che faccia tornare sui propri passi quando per due anni si è dato un appoggio più o meno “critico” al nuovo autoritarismo, arrivando a spingere (o magari addirittura obbligare) i propri militanti a vaccinarsi? Mentre rivendica un principio di realtà completamente distorto contro “negazionisti” e “ciarlatani” veri e presunti, la miseria antagonista non fa che alimentare uno spettacolo da cui non riesce ad uscire, senza vergognarsi di versare le stesse lacrime dei peggiori coccodrilli capitalistici e dei loro molteplici lacché televisivi. Se non si può far colpa a nessuno per aver preso una cantonata, alla lunga fingere di non capire quanto sta accadendo sotto i nostri occhi diventa pura complicità.

2Mentre ultimiamo queste note, arriva la notizia della ripresa dei contagi in Corea del Sud, nonostante… l’83% di popolazione vaccinata: https://www.theitaliantribune.it/in-corea-del-sud-non-basta-l83-dei-vaccinati-aumentano-casi-covid-giornalieri-e-decessi/

6Si veda questo articolo, scritto agli inizi dell’Emergenza: https://www.peacelink.it/latina/a/47483.html e soprattutto i più recenti reportage del giornalista indipendente John Perry, che vive in Nicaragua:

https://www.coha.org/nicaragua-battles-covid-19-and-a-disinformation-campaign/

https://fair.org/home/with-nicaragua-scary-covid-projections-are-more-newsworthy-than-hopeful-results/