Trento: L’unica sicurezza è la libertà

Volantino distribuito a Trento nelle scorse settimane davanti alla sede dell’APSS

L’UNICA SICUREZZA È LA LIBERTÀ

Venerdì 13 novembre un detenuto del carcere di Spini di Gardolo ha dato fuoco alla propria cella e si è dato fuoco. E’ stato portato via in ambulanza. Il gesto è motivato dal rifiuto, da parte delle guardie, di dargli gli effetti personali portati dalla moglie. Viene brevemente trasferito al pronto soccorso e successivamente riportato in carcere, nonostante le ustioni riportate. A quanto si sa si trova tutt’ora in infermeria e da giorni rifiuta il cibo.

Da settimane i colloqui con i famigliari sono completamente sospesi: una misura che è unicamente un regalo alle guardie, e nulla ha a che vedere con la tutela della salute, visto che il virus si diffonde in carcere portato dai secondini, non certo dai parenti durante i colloqui con i divisori in plexiglass.

La direzione in un primo momento non dava informazioni sui contagi, e i positivi venivano sbattuti nelle celle di isolamento punitivo o trasferiti in altre carceri. Solo dopo due settimane da quando si è saputo dei primi contagi sono stati fatti i tamponi ai lavoranti, che nel frattempo hanno dovuto continuare a girare per tutte le sezioni. Per due settimane i medici non si sono visti e solo dopo una settimana di battiture si è ripresentato il personale sanitario. Le battiture sono proseguite anche successivamente, ora si sa dell’istituzione di una “sezione covid” in cui sarebbero reclusi 38 detenuti.

I detenuti con patologie che necessiterebbero di trattamenti specifici non vengono seguiti in alcun modo, mentre vengono abbondantemente distribuiti psicofarmaci per mantenere deboli e sedati i detenuti.

La storia delle negligenze dei medici nel carcere di Spini di Gardolo è lunga e ha portato a conclusioni tragiche: dalle morti che avrebbero potuto essere evitate con un intervento tempestivo del personale sanitario, totalmente assente di notte e nei finesettimana, al rifiuto di effettuare l’autopsia sul corpo di un giovane detenuto, nell’evidente intento di coprire le responsabilità del carcere per quella morte.

A dicembre 2018, dopo l’ennesima morte, e dopo l’usuale ritardo dell’intervento dei medici, i detenuti si rivoltano e rendono praticamente inagibile buona parte del carcere di Spini. Nei giorni successivi non mancheranno le solite promesse da parte di politici e amministrazione penitenziaria. Fra queste, “addirittura” l’introduzione dell’assistenza medica 24 ore su 24. Niente di particolarmente progressista, anzi una condizione basilare per la gestione di una struttura che rinchiude oltre trecento persone. Ma ovviamente la promessa è rimasta tale, anzi dai racconti dei detenuti sembra che la situazione di abbandono e negligenza sia addirittura peggiorata con il diffondersi dell’epidemia, con l’evidente tentativo dei medici di sottrarsi alle loro responsabilità. D’altra parte, non serve una laurea in medicina per capire che ogni distanziamento è impossibile nel chiuso di una cella in cui vivono stipati 4 – 5 detenuti. Ciò che i medici della sanità penitenziaria sanno benissimo ma non possono dire, in quanto fidi collaboratori di guardie e direzione, è che l’unica “misura di sicurezza” che può impedire il diffondersi del virus in carcere è la liberazione dei detenuti. Che si tratti di indulto, amnistia, legge svuotacarceri, o semplicemente di arresti domiciliari in attesa di giudizio (ricordiamo che oltre un terzo dei detenuti non sta scontando proprio nessuna condanna), il personale sanitario, a partire dalla responsabile per la medicina penitenziaria di Trento Chiara Mazzetti, dovrebbe prendersi la responsabilità di pretendere, dal ministero della giustizia, dal DAP, dalla magistratura di sorveglianza, semplicemente la scarcerazione di più persone possibile. Non sappiamo se troveranno il coraggio di farlo, certamente la loro complice accondiscendenza con la normalità assassina del carcere non lascia ben sperare, ma siamo altrettanto certi che i detenuti, i loro parenti, e chi ha a cuore la salute e la libertà di tutti non dimenticheranno la loro responsabilità nel far diventare le carceri focolai di contagio senza scampo.

solidali con i detenuti